Der Tastenficker – L’autobiografia di un rocker coi piedi per terra

Come mi è già capitato di raccontare in post precedenti, la mia più grande passione è la musica.

La musica per me è una fedele amica che mi accompagna da sempre, dalla mia più tenera età. È un’amica che fa da sottofondo ai miei sogni e alle mie speranze ed è un’amica che ha avuto un impatto così forte su di me, che è riuscita ad influenzare anche alcune mie scelte di vita che, apparentemente, non hanno nulla a che fare con ciò che ascolto.

Eppure… Da giovanissima liceale, annoiata e malinconica, mi rifugiavo sempre nell’ascolto di qualche disco che riuscisse a dare anche a me, che all’epoca ero più timida di adesso, la sensazione di poter spaccare il mondo e ribellarmi, appunto, alla noia di un’adolescenza trascorsa in un paesino di 3000 anime.

Cercando, quindi, qualcosa che potesse far sfogare le mie giovani frustrazioni, mi ritrovai a fare la conoscenza dei Rammstein.
I Rammstein suonavano un irresistibile industrial metal e cantavano in tedesco… cosa poteva esserci di meglio per me, già allora innamorata di questa lingua croce e delizia di molti di noi?

Mi appassionai, tantissimo, ritagliavo articoli di giornale, collezionavo i loro dischi. Da buona fangirl sognavo di poter leggere le loro biografie e poter entrare ancora di più nel loro mondo.

Il 22 marzo 2016 il Dio della musica ascolta le mie preghiere ed ecco che nelle librerie esce Der Tastenficker: An was ich mich erinnern kann autobiografia di Christian “Flake” Lorenz, tastierista della band.

Flake nel 2018

Attenzione però: Questo libro non parla dei Rammstein, non parla di come sono nati e non svela nessun segreto riguardo alla band tedesca con (probabilmente) più successo della storia (che ci piaccia o no…).
Il libro è una raccolta di ricordi, che iniziano dalla sua infanzia nel quartiere di Prenzlauer Berg, all’epoca profonda Germania Est e che oggi, invece, si è trasformato in uno dei quartieri più in e costosi della città.
Nel libro, scritto in un tedesco molto accessibile a coloro i quali abbiano un po’ di dimistichezza con la lingua, ci mostra il lato umano del musicista e ci mostra un uomo semplice, un uomo coi piedi per terra, ironico e autoironico che, come tutti noi, combatte contro le difficoltà giornaliere che lui stesso si crea.

Questo libro di Flake è stato una lettura, per me, meravigliosa. La scoperta di una persona dall’animo profondamente gentile e per niente cambiata dal successo. Come un vecchio amico che rivedi dopo tanto tempo e col quale hai una smodata voglia di andare in una Kneipe a bere una (o più) birra.

La copertina dell’opera

Il testo si trova, purtroppo, solo in tedesco e questo è un vero peccato perché so che molti fan italiani dei Rammstein acquisterebbero subito il libro per poter leggere un po’ delle (dis)avventure di Flake che, dei 6 Rammstein, è sicuramente quello con cui mi piacerebbe essere amica!

Il titolo è l’unione di Tasten -> tasti e Ficker -> co***ne.
A te l’arduo compito di trovare una traduzione in italiano che faccia giustizia al gioco di parole in tedesco!

Autore: Christian “Flake” Lorenz
Titolo dell’opera: Der Tastenficker: An was ich mich erinnern kann
Titolo originale dell’opera: come sopra
Numero di pagine: 392
Voto: 5/5
Dove trovarlo: Amazon; audiobook

A cosa serve leggere la prefazione? Lo straniero di Albert Camus

Questo è un romanzo molto corto, ma comunque molto pieno. Leggendo Lo straniero di Albert Camus mi sono ritrovata spesso a pensare e a riflettere sul libro e su quello che stessi leggendo. In meno di 100 pagine vengono raccontati, molto dettagliatamente alcuni giorni nella vita di Meursault.

La trama de Lo straniero

La narrazione si apre con l’arrivo del protagonista all’ospizio dove è morta la madre. Meursault si rifiuta di vederne il corpo senza vita e resta nella camera mortuaria dove viene conservata la bara in attesa del funerale senza mostrare alcuna emozione agli ospiti della casa dove la madre risiedeva. Il giorno dopo appena finisce il funerale, il ragazzo riparte per Algeri.

Meursault tornato ad Algeri prosegue la sua vita come se nulla fosse. In spiaggia incontra Maria, una sua ex collega, e iniziano una relazione. Assieme frequentano degli amici di lui, tra cui Raymond Synthès il quale è ai ferri corti con un gruppo di ragazzi arabi. Durante una vacanza al mare Meursault, Raymond e un terzo amico incontrano i rivali e se in un primo momento riescono ad evitare lo scontro, mentre il protagonista sta tornando a casa da Maria, incontra per caso il ragazzo arabo che voleva picchiare il suo amico e, a causa della luce del sole che gli disturba gli occhi, gli spara una prima volta ammazzandolo e poi altre quattro volte sul corpo ormai inerte.

Nella seconda parte Meursault viene arrestato, assistiamo al processo e infine alla condanna. Durante il processo l’accusa sottolinea spesso come lui non esprima alcun sentimento di rimorso e lui stesso annuisce ad ogni accusa che gli viene rivolta riconoscendo nelle parole pronunciate la pura verità dei fatti accaduti.

La prefazione di Roberto Saviano

Meursault sebbene viva ad Algeri è francese e quindi viene visto come privilegiato dalla società araba, sebbene lui sia un normale impiegato e non faccia parte dell’aristocrazia. Straniero nella sua stessa città e straniero in generale per il suo modo di essere, infatti lui sembra incapace di provare sentimenti comuni ad ogni altra persona. Quando la madre muore non piange, quando uccide quell’uomo si consegna impassibile alla polizia. Alle accuse non si ribella e non si difende, come se aver sparato ad un uomo fosse stata la cosa più normale che gli fosse mai successa.

Il protagonista viene descritto come apatico e impassibile. Nella figura di Meursault, Camus rappresenta l’uomo del suo tempo, come egli lo vede, perduto nella ricerca di una stabilità, senza cadere nell’immoralità. L’unica consolazione dietro questo stato è il destino comune di tutti, dal quale pare non esserci rimedio.

Questo stato di impassibilità della vita elimina anche il senso di responsabilità, e quindi si subisce tutto ciò che accade senza pensarci troppo. Per questo motivo l’uccisione del ragazzo per mano sua lascia Meursault impassibile e non prova neanche a difendersi. Lui l’ha fatto perché il sole gli ha dato una strana sensazione e da lui non si avranno altre spiegazioni.

La lettura della prefazione ha aiutato chiaramente a capire cosa Camus volesse comunicare con il suo libro, quello che non comprendo però è perché in questo testo prima del romanzo vero e proprio si descriva tutto il racconto. Non so a chi faccia piacere sapere come una storia che si andrà a leggere finisca. Ha veramente senso la prefazione? Secondo me dovrebbe solo dare un contesto nel quale lo scrittore era immerso mentre scriveva la storia, ma non è possibile che descriva in minimi dettagli anche la storia.

C’è da dare un merito agli ebook in questo caso, perché quando si inizia a leggere un romanzo sul Kindle, questo parte dalla prima pagina del testo vero e proprio, quindi se si vuole leggere la prefazione bisogna impegnarsi a trovarla.

Cosa mi ha lasciato Lo straniero di Camus

Durante la lettura ho notato che la narrazione in prima persona descriveva tutte le azioni, come se tutto fosse importante. Dopo aver letto la prefazione penso che la descrizione del tutto fosse portata dal fatto che nulla in realtà nella storia fosse importante, e quindi, di contro, tutto lo è.

Non è stato facile leggere Lo straniero, ho impiegato più tempo di quello che avrei pensato di dedicargli, e in fondo anche io come Meursault e Camus mi sono ritrovata straniera in Patria: nata a Cagliari, ma cresciuta a Genova, che ho riconosciuto da subito come luogo natio. Ritrasferita in Sardegna ad un’età troppo avanzata per poter dimenticare le origini e, come dico sempre, quando nei primi anni di vita distribuivano l’amore incondizionato per la Sardegna, io mangiavo la focaccia a Genova.

Nonostante questo background che non ha aiutato a crearsi un’identità solida ho deciso di trasferirmi a Berlino e qui la condizione di straniero è costante, senza sfumature. Sicuramente in futuro quando rileggerò Lo straniero troverò una nuova chiave di lettura, e spero di avere allora trovato la mia identità.

Autore: Albert Camus
Titolo dell’opera: Lo straniero
Titolo originale dell’opera: L’Étranger
Numero di pagine: 99
Voto: 4/5
Dove trovarlo: libro, ebook

Ave Mary, e la Chiesa inventò la donna della Murgia

Sebbene io sia sarda, il mio rapporto con la Sardegna e con la letteratura sarda nello specifico è di diffidenza. Forse per colpa di Gavino Ledda e del suo libro Padre padrone che svela cose dei pastori che è meglio rimangano sulle montagne.

Michela Murgia è famosa per i suoi romanzi – Accabadora in primis – ma questo saggio è il primo che me l’ha fatta conoscere come autrice circa sei anni fa. Non ricordo perché lo comprai, ma il tema della Chiesa e la donna mi interessava e interessa tuttora.

La Murgia è cattolica e ha frequentato l’azione cattolica diventandone anche educatrice e animatrice e ha una laurea in Scienze religiose. Quindi una persona che la Chiesa e i suoi insegnamenti li conosce molto bene.

Come nasce Ave Mary?

Questo libro nasce come risposta alle donne che frequentano la chiesa. L’8 marzo 2009 viene invitata ad intervenire ad un convegno dal titolo Donne e Chiesa: un risarcimento possibile? nel paese di Austis assieme a due dottoresse teologhe che, a dire della Murgia stessa, hanno sicuramente più voce in capitolo di lei riguardo questi temi.

Gli interventi della sindaca Lucia Chessa, che invitò la scrittrice, e delle teologhe Marinella Perroni e Cristina Simonelli raccontarono come la Chiesa negli anni ha maltrattato la donna elencando le varie mancanze nei confronti del genere femminile e portando ad argomento esempi quale l’Inquisizione e le streghe messe al rogo.

L’intervento di Michela Murgia, a differenza di quelli precedenti, aveva un tono molto più pratico. Infatti raccontò la propria esperienza di ragazzina e donna a contatto con la Chiesa, riprendendo gli argomenti delle mancanze esposte precedentemente, che con esempi pratici, nei quali anche le donne presenti si potessero identificare.

All’incontro era presente anche il giovane prete che al termine dei quattro interventi ha voluto sottolineare come nella sua Parrocchia le donne erano tenute in conto senza mancanze alcune. A quel punto dal pubblico una donna trova il coraggio di dire: “Per pulire, Don Marco!”
Da questo momento tutte le donne, che prima ascoltavano impassibili, si sono sfogate. Ed è proprio per queste donne che Michela Murgia ha scritto Ave Mary, per farci capire che quello che viviamo tutti i giorni è un’eredità degli anni passati, difficile sicuramente da scrollarci di dosso, ma sui social la scrittrice sarda porta avanti la sua battaglia senza temere nulla, ed è un piacere seguirla!

Quello che ho imparato da Ave Mary

La Mater Dolorosa

Gesù che muore sulla croce rappresenta i patimenti dell’uomo come genere maschile e non come comunità di persone. La donna è sempre rappresentata come dolente e non viene mai rappresentata la morte femminile. Se si pensa alla morte di Maria si parla in realtà sempre di un’ascensione, non si pensa mai al suo corpo senza vita.

Non abbiamo una rappresentazione della morte delle donne, ma sempre della loro sofferenza, la Mater Dolorosa. Tutti conosciamo il passo della Genesi dove Dio punisce Adamo ed Eva: lui dovrà lavorare con sudore e lei partorire con dolore. Alla donna capita una punizione ulteriore data dal dolore fisico, mentre l’uomo se la cava solo faticando.

Da questa punizione della Genesi si sviluppa un argomento ancora interessante, che è ben radicato ancora oggi, delle donne che non hanno figli, quindi che non hanno partorito e che non avendo sofferto durante il parto si sono sottratte a questa punizione divina. Da questo punto ci si collega alla medicina e all’invenzione dell’epidurale, che toglie alla donna il dolore che Dio invece le ha riservato. Questo argomento scaturì un lungo dibattito teologico se privare la donna del dolore fisico del parto fosse giusto o meno. Come sempre un gruppo di uomini che si permette di decidere cosa una donna deve fare con il proprio corpo, sia questa credente o meno.

La fuitina

Una cosa che mi ha scioccata non poco è stato scoprire che la fuitina, conosciuta come la fuga di due innamorati, la cui unione non è accettata dalle famiglie (dei Romeo e Giulietta reali), per unirsi di legalmente e fare ritorno in paese con un legame indissolubile. Leggendo Ave Mary, Michela Murgia racconta come la fuitina non sia altro che un matrimonio riparatore di uno stupro.

Non metto in dubbio che qualcuno sia scappato per amore, ma da quanto è stato scritto in questo saggio capitava molto spesso che una donna venisse violentata e per nascondere il fatto e la vergogna che ne deriva, i due giovani venivano fatti sposare in accordo tra le due famiglie.

Questo libro è pieno di temi interessanti, ai quali non ci si sofferma abbastanza per provare a creare una propria idea perché ormai fanno parte di noi e della nostra società. Quando c’è chi mette in discussione l’ordine generale delle cose è però sempre bene leggerlo per sentire la controparte, si può comunque imparare qualcosa di nuovo.

Grazie Michela Murgia per Ave Mary, lo custodirò gelosamente e consiglierò quanto posso!

Autore: Michela Murgia
Titolo dell’opera: Ave Mary
Numero di pagine: 159
Voto: 5/5
Dove trovarlo:

TBR – Settembre

L’estate volge al termine e con l’inizio dell’autunno (almeno quello meteorologico), si comincia anche con nuovi progetti e nuove letture.
In questo articolo troverai le nostre scelte per il mese di Settembre, quali saranno, invece, le tue?

I libri che voglio leggere il prossimo mese – Tiziana

Meine freie deutsche Jugend di Claudia Rusch

Pubblicato nel 2003 e tradotto in svariate lingue, parla in modo autobiografico degli anni della giovinezza dell’autrice, nata e cresciuta negli anni della ex DDR (ovvero Repubblica Democratica Tedesca).
Il libro, nonostante sia stato nominato tra i migliori debutti dell’anno sia dal Deutscher Buchpreis che dalla Leipziger Buchmesse, è stato poi criticato un po’ più aspramente perché troppo permeato da Ostalgie.
Gli anni della DDR e la vita all’interno di questa particolare nazione sono stati sempre di grande interesse per me… non vedo l’ora di approfondire ulteriormente tuffandomi in questa (breve, ma sicuramente intensa) lettura.

La Ragazza di Bube di Carlo Cassola

Ebbene sì, penso di essere l’ultima rimasta nel mondo a non aver mai letto questo libro. Lo ammetto e cercherò di recuperare, promesso!
Cassola in questo testo pubblicato nel 1960 ci parla della storia di Mara e Bube e attraverso di loro ci dà uno spaccato della vita, della politica e della società del dopoguerra.
Ripongo grandi aspettative in questo libro, spero tantissimo che non mi deluderà!

Invito a una Decapitazione di Vladimir Nabokov

Ricordo che la prima volta in cui ho sentito parlare di questo libro, venivano discusse le sue similitudini con Il Processo di Franz Kafka. Devo spiegare ulteriormente perché mi interessa leggerlo? Amo Nabokov e amo (ma forse è troppo poco) Kafka e mi incuriosisce verificare personalmente quanto sia vero che i due libri hanno delle cose in comune.
Se questa lettura riuscirà a darmi almeno la metà delle sensazioni che mi ha dato la lettura de Il Processo, allora potrò dire di essere soddisfatta.

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I libri che voglio leggere il prossimo mese – Silvia

Marea dentro di Severino Cirillo

Severino Cirillo l’ho conosciuto tramite una masterclass sulla felicità di una piattaforma di sviluppo personale, Ritualmente. Mi ha subito colpito per la sua schiettezza e semplicità nel quale parla, il suo modo diretto di raccontare quello che serve, anche se personale, per farti arrivare quello che vuole comunicare.
Durante questa chiacchierata, quando gli è stato chiesto quale dei romanzi da lui scritti ci consigliava di leggere, Cirillo ha proposto Marea dentro, mettendoci in guardia dalla profondità del tema, scritto in un periodo non facile della sua vita.

Da Marea dentro di Severino Cirillo mi aspetto tanto, spero di ritrovare quel ragazzo ho avuto modo di conoscere virtualmente, perché so che ha da dire molto.

1947 di Elisabeth Åsbrink

Se potessi investire una piccola somma in libri, la investirei nella casa editrice Iperborea. Che catalogo meraviglioso!

Ho letto, se ricordo bene così a mente, sei libri di Iperborea e sono uno più bello dell’altro, tutti belli in modo diverso e da 1947 di Elisabeth Åsbrink non mi aspetto nulla di meno.
Questo libro fa parte dei tanti suggerimenti che acquisisco da chi su Youtube parla di libri – in questo caso credo Matteo Fumagalli – e parla di un anno dimenticato dalla Storia, ma comunque molto importante per il nostro presente. Il 1947 viene descritto dalla Åsbrink l’anni nel quale inizia il nostro presente.

Copertina di La carne die Emma Glass

La carne di Emma Glass

Un secondo consiglio di Matteo Fumagalli, e un’altra casa editrice, il Saggiatore, che è difficile sbagli una pubblicazione.

La carne parla di uno stupro. Sembra assurdo decidere di leggere certi racconti con consapevolezza, ma se si è nello stato mentale di poterli metabolizzare senza venirne risucchiati e trattenuti, ci si può provare.
Emma Glass fa il suo esordio con questo racconto che sembra una fiaba, sebbene l’argomento principale a tutto fa pensare meno che a quello.

Sono davvero molto curiosa di entrare nel mondo de La carne e leggere cosa Emma Glass abbia da dire.

Max, ovvero il bambino del futuro

Quando ho iniziato a leggere Max, stavo rimanendo molto delusa.

Ero delusa da lui, da Max, da questo bambino concepito senza amore, senza null’altro che forza e rabbia e mi deludeva il fatto che questo neonato, questo bambino, non sapesse far altro che odiare.

Mi sembrava assurdo dover costruire un libro su una figura prevedibile, quasi banale e dopo poche pagine, sbagliando, mi ero fatta quasi l’idea che avrei letto un libro in cui non si faceva altro che parlare di un bambino nato cattivo, per essere cattivo e che avrebbe finito solo col diventare ancora più cattivo di quello che poteva essere all’inizio.

Ero delusa, davvero! Avevo iniziato il libro piena di grandi aspettative, soprattutto perché anche Silvia ne era rimasta entusiasta quando l’aveva letto.

Ma poi qualcosa ha iniziato a cambiare e più si andava avanti con la narrazione e lentamente Max diventava Konrad, il tutto si faceva più interessante… Perché sebbene Konrad era destinato a diventare il prototipo del bambino ariano, il prototipo della razza considerata superiore all’interno del Terzo Reich, proprio mentre veniva educato a diventare il tedesco perfetto, ecco che in lui cominciano a nascere delle sensazioni e delle emozioni che lui per primo non sa spiegarsi.

Nato il 20 aprile 1936, Max è il primissimo bambino a nascere nel centro di Steinhöring, alla periferia di Monaco. Steinhöring è uno dei centri in cui si porta avanti il cosiddetto Progetto Lebensborn.

Durante gli anni bui del Terzo Reich tedesco, infatti, i capi del partito Nazionalsocialista avevano deciso che l’unico modo di mandare avanti la razza ariana, oltre a quello di sterminare le altre, era quello di creare meccanicamente e sistematicamente la razza del futuro: la modalità era quella di far accoppiare donne ariane (o che comunque avessero le caratteristiche della razza) con le SS, che ariane dovevano esserlo per forza.
Se ti interessa la storia del Progetto Lebensborn che, ci tengo a sottolineare, non è qualcosa di inventato ma di realmente e tragicamente esistito, clicca QUI.

Ma torniamo al nostro Max, che si appresta a diventare Konrad: essendo il primissimo frutto del Progetto Lebensborn ed essendo nato proprio nello stesso giorno del Führer, sarà proprio Adolf Hitler a presiedere alla sua cerimonia di Namensgebung, ovvero imposizione del nome. La versione nazista del battesimo cristiano. Il suo nuovo nome sarà Konrad von Knebersol.

Il Lebensborn prevede che i bambini fabbricati dalle Frauen e dalle SS vengano dati poi in adozione ad altre famiglie altrettanto ariane che proseguiranno nel progetto di crescere dei piccoli perfetti tedeschi. Allo stesso modo, il Progetto Lebensborn prevedeva la germanizzazione anche di bambini non tedeschi ma che avessero, comunque, le caratteristiche fisiche della razza ariana (alti, slanciati, occhi azzurri, capelli biondi, etc…). I bambini venivano rapiti, strappati via alle loro famiglie e rinchiusi in scuole/collegi che dovevano servire a cancellarne qualsiasi ricordo della famiglia, delle abitudini, della vita precedente a quella iniziata con la germanizzazione. Durante gli anni della guerra, infatti, migliaia e migliaia di bambini sono stati strappati alle loro famiglie e portati in Germania per poi essere dati in adozione a famiglie tedesche.

Copertina del libro

Max/Konrad rischia di morire da piccolissimo, quando una donna lo rapisce e lo porta con sé. La donna è vestita da prigioniera, è magrissima, spaventosa, sporca… Eppure accudisce Max, tenta di allattarlo, tenta di dargli calore e, in una delle notti in cui Max è con lei, disperso perché le infermiere del centro Steinhöring non riescono a trovarlo, la donna muore, tenendo Max tra le sue braccia.

Questo è solo uno dei traumi che lui subisce, traumi che in realtà diventano ancora più profondi perché Max/Konrad non si lascia mai andare, non si arrende mai al dolore, non si concede mai di provare sentimenti come un qualsiasi altro bambino della sua età.
Lui dimentica la parola madre, dimentica il significato di essa. Non ha una famiglia, non ha amici, non ha amore e non sa cosa possa voler dire amare o essere amati.

Diventa un vero collaboratore delle SS e, da piccolissimo inizia ad aiutarli a rapire altri bambini, per lo più polacchi che poi dovranno subire delle selezioni, per poter stabilire se sono abbastanza ariani da essere germanizzati o se dovranno essere risistemati in qualche campo di concentramento.

Quando entra in contatto con il mondo esteriore, Max/Konrad pur mantenendo le sue convinzioni sulla sua superiorità e sulla superiorità della sua razza, inizia ad avere dei dubbi, inizia a farsi delle domande, inizia ad avere dei mal di pancia che lo terranno sveglio di notte e che lui non riesce a spiegarsi, ma altro non sono se non la sua emotività che, a forza di essere repressa, deve pur manifestarsi in qualche modo. Inizierà a farsi degli amici, amici polacchi!, amici non veramente ariani e quando qualcuno di questi morirà, lui soffrirà e non saprà spiegarselo. Ma più la sua sofferenza aumenterà e più il dubbio si insinuerà nella sua mente.

La sua trasformazione, non completa, ma decisiva seppur non immediatamente effettiva, inizierà con l’incontro di Lucjan, poi ribattezzato Lukas, un ragazzo polacco che diventerà per Max diventerà nei mesi a venire una figura fraterna, con la quale instaurerà un rapporto di amore e odio, sfociato poi in un affetto fraterno mai veramente dichiarato a parole.

Non so, credo di aver parlato in modo veramente confuso di questo libro… La trama di questo vero e proprio romanzo di formazione è talmente tanto intrecciata alla storia, quella vera, che probabilmente è impossibile scindere una cosa dall’altra. È un libro molto bello, ma ancora più bello perché in realtà ti stimola a volerne sapere di più… a voler veramente capire cos’era veramente il Progetto Lebensborn, un qualcosa di aberrante ma di così recente da far accapponare ancora di più la pelle.

Per me Max è stato un romanzo sul dubbio e sulla forza del mettere in dubbio ciò che a cui si è creduto ciecamente, un romanzo che forse vuole farci capire che perfino gli odi e le menzogne più grandi e violenti possono essere sbriciolati dalla verità, se abbiamo modo di entrare in contatto con un mondo che ci sembra lontano anni luce da noi.

Autore: Sarah Cohen-Scali
Titolo dell’opera: Max
Titolo originale dell’opera: Max
Numero di pagine: 441
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro

Quando è tardi per leggere i classici? La mia esperienza con Lolita

Il romanzo Lolita di Vladimir Nabokov venne pubblicato per la prima nel 1955. Dopo 31 anni nacqui io. Dopo 75 anni dalla prima uscita ho finalmente preso in mano questo capolavoro di scandalo per conoscere la storia di pedofilia più famosa del mondo.

Cosa conoscevo di Lolita prima di leggerlo

In questi 75 anni non oso pensare quante persone hanno letto Lolita, sono persino stati girati almeno due film molto famosi, che io però non ho mai visto. Ad ogni modo il vero nucleo della storia, i particolari meno noti erano riusciti a non avvicinarmisi troppo.

Quindi quando Tiziana ha visto il libro ancora incelofanato nella mia libreria e con sguardo sconvolto mi ha chiesto perché non l’avessi ancora letto e se sapessi di cosa trattasse, io ho biascicato parole senza senso: Lui è un pedofilo, Lui la rapisce, Stanno in macchina, Ho sentito da Barbie Xanax (Youtuber che parla di cinema) che viaggiano.

Ricapitolando quello che sapevo della storia di Lolita è quello che l’antonomasia del suo nome significa nella nostra società: una ragazzina molto giovane piacente, che attira gli sguardi di uomini adulti. Se lui riuscisse a sedurla, non lo sapevo, non me lo sono mai chiesta, sinceramente.

Il film che svela il finale di Lolita

Un giorno guardavo un film per svuotare la mente: The Good Guy. Commedia romantica con Alexis Bledel, Scott Porter e Bryan Greenberg. Purtroppo il personaggio di Alexis invita quello di Bryan ad un club del libro, lui è così colto che parla di Lolita con disinvoltura, rivelando, a chi non ha ancora letto il libro, il perché Humbert si trovi in carcere. Questo dettaglio ha rovinato l’atmosfera che fino ad ora avevo creato del libro.

Appena è successo l’ho chiaramente raccontato a Tiziana e lei si è arrabbiata nei confronti del film, perché non è giusto fare spoiler nei film che possono vedere tutti rovinando la lettura. Ma davvero non è giusto? Io non so, sono combattuta. Da un certo punto di vista penso che sia colpa mia che non l’ho letto prima, da un altro credo che se non avessi avuto Lolita in lettura proprio in questo momento non me ne sarei neppure accorta o avrei poi dimenticato questo particolare al momento della vera lettura.

Bisogna trattare quindi gli spoiler dei classici o classici moderni come se fossero libri appena usciti? Non ho purtroppo un’idea precisa su questo perché a me si può raccontare come un film o una seria finiscano – a patto che non sia una storia con il plot twist alla Gone Girl – per il motivo che io non guardo un prodotto visivo per la trama, ma per il prodotto in sé, guardo come quella trama venga sviluppata. Ad ogni modo gli spoiler sui libri me li eviterei molto volentieri.

La trama di Lolita

La narrazione è una lunga dissertazione di Humbert Humbert che si trova in carcere e racconta la sua storia giustificando il motivo per il quale si trovi lì. Spesso si rivolge all’ipotetico lettore e ipotetico membro della giuria per il suo processo.
Inizia a raccontare la sua storia da quando era solo un ragazzino che in vacanza in estate incontra Annabel. I due ragazzi si innamorano e prima di separarsi riescono a scambiarsi effusione che lasciano nel protagonista il ricordo delle sensazioni di lei. Purtroppo Annabel presto muore e lui vive tutte le sue relazioni da adulto paragonando la donna di turno alla ragazzina che fu Annabel. Nessuna è chiaramente all’altezza, finché, dopo essersi trasferito dalla Francia in America, dopo una separazione e periodi in ospedale per la malattia dei nervi, incontra Dolores Haze, che gli ricorda a prima vista l’amore della sua giovinezza.

Dolores, Dolly, Lolita, Lo, Carmen, questi sono i nomignoli con i quali leggiamo della protagonista femminile di questo romanzo, la quale ha 12 anni ed è la figlia della padrona di casa nella quale Humbert Humbert vive a pensione. Lolita è una ragazzina per nulla timida, sfrontata che non le manda a dire a nessuno. Il protagonista passa il tempo a cercare il modo di poter avere un contatto fisico con lei, giocandoci mimando la lotta, o semplicemente accarezzandola, per lui ogni contatto è sufficiente. A lui piacciono quelle che chiama “ninfette” e passa tutto il tempo a cercare il modo di avvicinarsi sempre di più, come una persona ossessionata dal proprio scopo.

La parte che forse è meglio leggere, per non rovinare la lettura

Clicca qui per leggere il resto della storia

La madre di Lolita, Charlotte, accortasi di una grossa simpatia da parte della figlio per il pensionante, la manda in campeggio e mentre la accompagna in macchina, lascia a casa una lettera per Humbert Humbert nella quale gli dichiara il suo amore. Lui, sebbene non interessato alla madre, decide di sposarla per poter stare a più stretto contatto possibile con la sua ninfetta preferita.
Charlotte però muore investita mentre litiga con Humbert Humbert per aver trovato dei fogli nel quale lui descrive tutto quello che avrebbe voluto fare alla piccola Dolores.Tolta la madre di scena, Humbert Humbert va a prendere Lolita al campo estivo per poi viaggiare senza meta per tutto l’anno dopo.
Nelle sue idee più avventate Lui descriveva che avrebbe solo voluto starle vicino mentre dormiva e accarezzarla. Lolita però torna ancora più audace dal campo, durante il quale ha perso la verginità con Charles, e a quanto scritto da Humbert Humbert, è lei a sedurre lui.
Da qui inizia un rapporto malato tra i due, nei quali lui non ha mai abbastanza della sua compagnia e lei chiaramente non lo sopporta più e approfitta di questo potere che esercita su di lui per farsi pagare per ogni carineria e raccogliere il necessario per scappare da lui.
I tre anni successi alla fuga di Lolita, Humbert Humbertnon si dà pace e sebbene abbia un altro interesse amoroso di 28 anni, non smette di pensare alla sua Lolita, finché non gli arriva una lettera di lei che gli chiede dei soldi per andare in Alaska con il marito e il figlio in grembo. A questo punto Humbert, scoperto dove vive ora la sua ninfetta, si presenta da lei e dopo avergli chiesto di scappare con lui, si fa rivelare chi l’ha portata via da lui.Scopre così che lei lo ha abbandonato con l’aiuto di un altro uomo, il commediografo Quilty, del quale lei si era invaghita
Finalmente con quel nome può compiere la sua vendetta, va quindi da Quilty per ucciderlo, e per questo si trova in galera.

Lo stile di Vladimir Nabokov

Con Lolita Nabokov è riuscito a fare un lavoro stilistico straordinario. Humbert Humbert è un letterato, quindi è normale che il suo resoconto trasmetta questa parte di sé. Il riassunto dei posti visitati, sebbene duri un paio di pagine, non annoia mai, ma anzi da un tono danzante alla narrazione. Sembra di trovarsi in macchina con lui e di partecipare sempre alla scena.

C’è un grosso problema etico e morale che accompagna la lettura di Lolita. Bisogna ricordarsi costantemente che Humbert Humbert, per quanto simpatico – perché è simpatico, fa spesso sorridere quello che si legge – è un pedofilo ed empatizzare con lui non si può eticamente fare. Spesso pare essere rimasto all’età adolescenziale, ma nulla può giustificare la sua attrazione per le ninfette, nulla!

Quindi durante tutto il libro bisogna ricordarsi del peccato del narratore e riuscire a discernerlo dalla scrittura meravigliosa e coinvolgente di Vladimir Nabokov, che, come ci tiene a spiegarlo nella postfazione, non ha in comune con Humbert Humbert l’interesse per le ninfette.

Autore: Vladimir Nabokov
Titolo dell’opera: Lolita
Titolo originale dell’opera: Lolita
Numero di pagine: 383
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro, ebook

Dobbiamo Parlare di Kevin

Una mia conoscente, tanti anni fa, mi consigliò questo libro. Lei lo aveva letto da poco e, essendole rimasto molto impresso, decise di consigliarmelo perché era sicura, a ragione, che sarebbe piaciuto molto anche a me.

Dobbiamo Parlare di Kevin è quello che si definirebbe un romanzo epistolare e parla della vita, o meglio, di parte della vita della famiglia Khatchadourian/Plaskett.

Eva Khatchadourian, protagonista insieme a Kevin del nostro libro, è una donna forte, indipendente, che ama la sua carriera e non ha voglia di maternità o di famiglia, perché sa che rimanere incinta sarebbe un grande ostacolo per il suo lavoro.
Eva è innamorata di Franklin Plaskett, un uomo che, invece, ha voglia di costruire famiglia.
Eva resta incinta ed è per lei un duro colpo. Nasce Kevin, che dai suoi primissimi giorni dimostra essere un bambino particolare, dotato di una cattiveria fuori dal comune. La malvagità di Kevin, però, si manifesta solo ed esclusivamente quando lui è con sua madre. Non appena suo padre, Franklin, è presente, Kevin si trasforma: dal bambino cattivo, diabolico e spietato che conosce Eva, si trasforma in un bambino tenero, affettuoso, amabile.
Kevin è un bambino difficile, problematico, che sembra non avere interesse per niente, sembra di essere nato solo per poter provocare sua madre. Kevin ha un solo grande interesse: il tiro con l’arco.
Quando ha 9 anni, nasce sua sorella, Clelia, una bambina dolcissima, tenera, amorevole. Il suo opposto.
Clelia è una bimba che ama tutti, incondizionatamente: Eva prova finalmente cosa vuol dire essere amata da un figlio. Quando Clelia ha 6 anni, ha un incidente: perde un occhio in un incidente sospetto. A quanto pare, infatti, la bambina si versa sul viso della candeggina che però Eva è sicura di aver riposto in un luogo lontano e al sicuro e comincia a sospettare di Kevin. Il sospetto cresce così tanto che lei ne parla con Franklin che, esasperato, chiede il divorzio… Il peggio, però, deve ancora venire perché, se la colpevolzza di Kevin nell’incidente di Clelia non può essere provata, il suo coinvolgimento e colpevolezza in quello che da lì a poco succederà è sotto gli occhi di tutti e sconvolgerà, per sempre, la vita di Eva e di tutta la famiglia…

Basta così! Non voglio raccontare troppo, la trama di questo libro è avvincente, riserva tante sorprese, sebbene quasi tutte totalmente negative. È una lettura che ti cattura, che ti incolla alle pagine.

La copertina del libro

È un libro che, per certi versi, non è così semplice leggere, perché i temi trattati sono cupi, tristi, sconvolgenti. È un libro che parla di una madre che inizia ad imparare ad amare il proprio figlio nel momento in cui sembra più impossibile, proprio quando la speranza di provare un sentimento puro è quasi del tutto svanita.
Una storia che, nonostante il tema così spinoso, ho amato molto e che consiglio sempre a tutti, ogni volta che qualcuno mi chiede un consiglio letterario.

Nel 2011 è uscito anche un adattamento cinematografico del libro, con Tilda Swinton nei panni di Eva e Ezra Miller nei panni di Kevin.
Ammetto di non aver visto il film, se non pochi minuti… Tempo fa era su Netflix (almeno in Germania), ma non credo ci sia più.

E tu? Hai letto Dobbiamo Parlare di Kevin? Cosa ne pensi? O magari hai visto il film e ti basta quello?

Autore: Lionel Shriver
Titolo dell’opera: Dobbiamo parlare di Kevin
Titolo originale dell’opera: We Need to Talk About Kevin
Numero di pagine: 478
Voto: 4/5
Dove trovarlo: *si trova solo in inglese*

I giustizieri della rete, ovvero le shitstorm

Tempo fa avevo sentito parlare del libro So You’ve Been Publicly Shamed di Jon Ronson che mi ha subito affascinato. Lo scrittore intervista persone che hanno fatto una mossa falsa su internet e per questo sono state ricoperte di insulti sulla rete e sono state cancellate dalla società.

Cosa sono le Shitstorm?

La parola shitstorm è traducibile in italiano letteralmente con “tempesta di merda”. In internet si utilizza questo termine per identificare la pratica poco felice degli utenti di insultare chi, a loro parere, ha commesso un passo falso. I passi falsi possono essere:

  • la pubblicazione di un tweet o post con un’opinione molto discutibile;
  • la pubblicazione di una foto con qualcosa di offensivo per la community;
  • il repost di un meme offensivo e/o razzista;
  • la pubblicazione di stories su instagram di dubbio gusto;
  • la pubblicazione di video su youtube con opinioni o comportamenti estremamente discutibili;
  • la testimonianza di un altro utente che riporta il comportamento incoerente o sbagliato di un altro influencer.

Nel caso di una di queste pubblicazioni gli utenti della community, che in qualche modo si sono sentiti toccati e offesi da questi fatti, si scagliano contro il content creator riempiendolo di insulti che tutti assieme fanno sentire la persona in una vera e propria “tempesta di merda”.

La copertina americana

So You’ve Been Publicly Shamed – il caso del Tweet razzista di Justine Sacco

Nel saggio So You’ve Been Publicly Shamed Jon Ronson intervista persone con una vita normale che a causa di un tweet o una foto postata su un social media hanno perso il lavoro e la loro vita sociale.
Il caso più noto è quello di Justin Sacco che postò un tweet prima di prendere un volo dall’Inghilterra al Sudafrica e che arrivata a destinazione ha ricevuto migliaia di notifiche e la lettera di licenziamento del suo datore di lavoro.

Going to Africa. Hope I don’t get AIDS. Just kidding. I’m white!

I tweet die Justin Sacco del 20 dicembre 2013

Il tweet razzista significa: “Sto andando in Africa. Spero di non prendere l’AIDS. Sto scherzando. Sono bianca!”. Justine aveva solo 170 followers, ma fra quelli che ripostarono il suo tweet c’era chi tra i propri followers aveva una persona indignata con molti seguaci e da qui la popolarità della Sacco impennò.

Il tweet razzista fu preceduto da altri due commenti stereotipati verso il poco igiene dei tedeschi e i denti poco curati degli inglesi. Se volessimo scusare il parere ignorante contro l’AIDS in Africa, pensando ad un caso sfortunato, i precedenti tweets non hanno lasciato alcun dubbio a chi ha considerato Justin Sacco razzista.

Il fermento sul web fu così tanto che fu addirittura creato l’hashtag #hasjustinelandedyet (è già atterrata Justine) e ci fu anche chi l’aspettava a Cape Town per fotografarla.

Alla cancellazione del tweet non ha aiutato, perché la prima regola di internet è che uno screenshot dura per sempre.

La copertina italiana

La cancel culture

L’America è famosa per non perdonare alcun comportamento sociale ritenuto sbagliato. Nei fatti di cronaca come nelle serie vediamo ragazzi sospesi da scuola per aver sbagliato al di fuori dell’orario di scuola o persone licenziate perché hanno avuto comportamenti poco in linea con i valori della società dove lavorano, dopo aver firmato il cartellino di uscita.

Diciamo che l’America osserva, non perdona e possibilmente ti cancella.

Lo stesso trattamento è riservato a persone famose che sbagliano. Alcuni esempi sono attori ai quali viene tolta una parte alla quale lavorano da anni, influencers ai quali viene tolta una partership.

Se questo sia giusto o no, non è in questo caso in discussione, certo è in alcuni casi si potrebbe permettere un percorso di redenzione.

La soluzione per il ritorno alla normalità

Jon Ronson intervista anche una società che aiuta queste persone che hanno la vita rovinata da internet a trovare pace.

Se pensi che avere la vita rovinata da internet possa sembrare troppo forte come affermazione, devi pensare che durante un qualsiasi colloquio è norma fare una ricerca su Google per vedere chi sia la persona veramente. In realtà questa ricerca viene fatta anche in ambiti molto più innocui, come tra amici o colleghi.

Se alla ricerca di Justin Sacco compariranno solo commenti e informationi al suo tweet razzista, l’agenzia intervistata da Ronson sarà in grado di creare nuove pagine di ricerca a tuo nome e piazzarle alle prime pagine di Google, in modo da nascondere i risultati peggiori su di te nelle pagine di ricerca meno visualizzate dagli utenti. Tutto questo grazie ad un lavoro di Web Master e SEO Manager.

Quindi stai sempre attento a quello che pubblichi su internet. Pensa sempre due, tre volte prima di postare davvero qualcosa. Fermo restando che non si potrà mai accontentare tutti, io ti consiglio di non esporre mai un tuo parere su politica, religione e aspetto fisico altrui. Per tutti il resto, se non scrivi stereotipando qualcuno, dovresti essere salvo dalle shitstorm!

Autore: Jon Ronson
Titolo dell’opera: I giustizieri della rete
Titolo originale dell’opera: So You’ve Been Publicly Shamed
Numero di pagine: 321
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro originale, ebook originale, libro in italiano, ebook in italiano

TBR – Agosto

Nuovo mese, nuovi titoli da leggere! Qui trovi le nostre TBR, ovvero le nostre scelte per questo mese. E tu, cosa leggerai ad agosto?

I libri che voglio leggere il prossimo mese – Silvia

The Miracle Morning di Hal Elrod

La Wind mi ha regalato Kindle Unlimited e tra gli ebook che si possono prendere in prestito ho trovato questo, del quale ho sentito parlare da un bel po’ di tempo in video di sviluppo personale.

Il libro promette di cambiare la tua vita aiutandoti a sfruttare le prime ore della mattina con vari rituali da seguire che ti tengono focalizzato suoi tuoi obbiettivi già dalle 5 del mattino.

Sei una persona che non riesce a svegliarsi presto? Non c’è problema! A quanto pare Hal Elrod ti aiuta anche a riuscire a svegliarti prima.

Flatlandia di Edwin A. Abbott

Questo libricino di 151 pagine si trova nella mia libreria dall’anno scorso.
Avevo provato ad iniziarlo una volta. Lessi solo un paio di pagine e non mi prese subito, quindi l’ho riposto in libreria e mezzo dimenticato.

L’ho comprato perché ne ha parlato una delle fonti dalle quali prendo ispirazione per i titoli da leggere: Matteo Fumagalli.

Di questo libro so che parla di un mondo in 2d popolato da figure geometriche. Affronterò questo libro non sapendo altro, ma ho alte aspettative per la qualità.

Lo straniero di Albert Camus

Questo libro è stato protagonista di una situazione che ancora non mi va tanto giù. Circa due anni fa mi è stato chiesto, con un tono quasi sconvolto, come mai io non lo avessi ancora letto. Evidentemente ero impegnata a leggere narrativa più recente.

Di questo libro so solo che il protagonista è un personaggio anafettivo, che vive in una società che non lo accetta. Non so altro, ma su questo libricino molto breve ripongo molte aspettative.

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I libri che voglio leggere il prossimo mese – Tiziana

Paranoia di Shirley Jackson

Paranoia è un libro che ho acquistato un po’ di tempo fa attirata soprattutto, ovviamente, dal titolo che lasciava presagire una di quelle storie che ti tengono col fiato sospeso per tutta la durata della lettura e ti lasciano andare a letto la sera con l’angoscia nel cuore.

Dopo qualche ricerca, invece, ho scoperto che più che di un romanzo, potremmo parlare di una raccolta di racconti, pubblicati inediti e postumi, che dovrebbero essere caratterizzati da una brillantezza e comicità difficili da trovare.

Non ho mai letto niente dell’autrice, ma non vedo l’ora di entrare nel mondo della maestra di Stephen King!

La carne di Emma Glass

La Carne è un testo di cui avevo sentito molto parlare sui social, probabilmente un po’ tutti gli booktubers, bookstagrammers, e chi più ne ha più ne metta, ne hanno parlato e che, ad ogni post letto, ad ogni video guardato, mi ha lasciato sempre di più con addosso la voglia di leggerlo.
Il libro è brevissimo, da leggere veramente in pochissimo tempo, nonostante uno stile non sempre proprio abbordabile e semplice da digerire.

Non parlerò della storia, anche perché credo sia abbastanza di dominio pubblico, ma non avendo ancora letto il libro potrei incappare in spoiler che voglio evitare, ma dirò che protagonista della storia è una ragazza pesca di nome Peach.

Curiosità a mille, dei tre libri della mia TBR questo sarà probabilmente il primo che leggerò!

How Music Works di David Byrne

Ed eccoci arrivati all’ultimo dei tre libri che mi impegnerò a leggere in questo mese… Presentando How Music Works ho l’occasione, quanto meno, di nominare quella che è la mia più grande passione, ovvero la musica.

How Music Works è un’opera letteraria di David Byrne, che gli appassionati di musica conosceranno sicuramente, mentre agli altri basterà sapere che è uno dei fondatori e cantante dei Talking Heads (e se il nome non fa suonare nessuna campanellina, allora ecco qui un consiglio musicale!).
Il testo spiega, attingendo a piene mani dalle sue esperienze personali, come la creazione della musica sia risultato di tutto quello che accade attorno all’artista: dalle collaborazioni, dal luogo, dalle circostanze sociali.

Tutto può essere tradotto in creazione musicale, tutto può diventare musica.
Una chicca per gli appassionati di musica che, sono sicura, mi affascinerà e piacerà tantissimo.

Il mio libro preferito: L’amico ritrovato

A scuola mi hanno fatto leggere L’amico ritrovato, alle medie e poi di nuovo alle superiori. Una delle due volte abbiamo anche visto il film, per quel che ormai mi ricordo, gli rende abbastanza giustizia.

La trama

Copertina del libro acquistato alle medie

La storia racconta l’amicizia tra un ragazzo ebreo e un suo compagno di classe aristocratico di una famiglia molto importante per la storia della Germania, i von Hohenfels.
I due ragazzi iniziano subito a frequentarsi assiduamente perché entrambi amano la letteratura e la cultura in generale, a differenza della maggior parte dei loro compagni di classe che si divertono a prendere in giro Hans accompagnando il suo passaggio con la canzone:

“Piccolo giudeo, ti diamo il saluto
nell’inferno di Mosè e Isacco sii il benvenuto.”

Nel frattempo la Germania subisce il fascino del nazismo, e anche la famiglia von Hohenfels appoggia il Führer, tanto da esporne una foto incorniciata in casa.
Un primo incrinamento nel rapporto avviene quando Hans e Konradin si trovano entrambi a teatro nello stesso momento e il secondo, pur vedendo il compagno, fa finta di non conoscerlo, perché in quel momento storico frequentare un ebreo non era una cosa da vantare in casa.

La versione più diffusa in Italia.

I genitori di Hans decidono di mandarlo da parenti in America per non dover subire le leggi razziali che iniziavano ad essere emandate e la rottura definitiva arriva quando Konradin invia una lettera al ragazzo in partenza scrivendo: “… è la cosa più saggia che tu possa fare. La Germania di domani sarà diversa dalla Germania che abbiamo conosciuto” e continuando con “… Il Führer è in grado di scegliere … tra i buoni elementi ebrei e gli indesiderabili.”

Hans parte quindi per un luogo sconosciuto, ma sicuro, mentre Konradin rimane a Stoccarda tra la sua gente, comunque protetto dai suoi ideali.



Leggere in tedesco

Copertina della versione tedesca

Quando mi sono trasferita in Germania non sapevo praticamente nulla di tedesco, il mio vocabolario personale si componeva di pochissimi vocaboli. Cosa bisogna fare per aumentare la propria capacità lessicale? Leggere in lingua!

Durante una gita a Lipsia ho trovato Der wiedergefundene Freund, titolo tedesco, e l’ho comprato come souvenir della città, ma anche con il pragmatico scopo di leggere un racconto che io conosco molto bene per potermi concentrare più sulle parole e la sintassi, che sul contenuto in sé.

Leggere L’Amico ritrovato in tedesco è fattibile con un livello di tedesco circa B1. Quindi se stai imparando questa meravigliosa lingua ostica e sei alla ricerca di letture che non siano da bambini, ma che siano facilmente affrontabili senza dover aprire il dizionario ogni due parole, io ti consiglio di correre in libreria a comprare il libro della Diogenes.

Sebbene Fred Hulman sia tedesco, il romanzo è stato scritto in inglese con il titolo Reunion. La scelta di questa lingua è dovuta alla nuova patria dello scrittore dopo l’arrivo dei nazisti si è trasferito prima in Francia e poi grazie ad un’amica inglese in Gran Bretagna, al sicuro dalla morte, ma non certo di venir trattato bene.

La Trilogia del ritorno

L’amico ritrovato è solo il primo di una trilogia intitolata Trilogia del ritorno che, oltre al primo libro include Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore.

Copertina della trilogia

Il secondo, Un’anima non vile, non è altro che il testo della lettera che un giovane Konradin scrive all’amico Hans, al quale queste parole non sono però mai arrivate.

Niente resurrezioni, per favore racconta il ritorno nella città natale di Simon Elsas, un ebreo che è fuggito in America dopo che Hitler prese il potere. Simon torna anche al suo vecchio liceo, ma questa non sarà una visita di piacere, perché si porta dietro l’amarezza di un tempo sbagliato, fatto di errori non dimenticati, ma che si cerca di nascondere.
Fred Hulman decide di far compiere a Simon, un personaggio che non conosciamo, quel viaggio di ritorno ed esplorazione del proprio passato che non è mai riuscito a compiere Hans, il quale nella città natale non ha più nulla che lo lega.

Perché è il mio libro preferito

Ogni volta che per un motivo o per un altro parlo dell’Amico ritrovato, libro che consiglio a tutti – e che purtroppo presto e non mi viene restituito in tempi brevi – mi commuovo fino ad avere gli occhi lucidi. L’emozione che ho provato a leggerlo la prima volta mi accompagna sempre nel parlarne, non l’ho mai dimenticata.
In questo caso dovrò raccontare il finale che, se non hai mai letto il libro ti consiglio di saltare, per non rovinare il senso di leggerezza che il libro ti lascia quando lo finisci.

Clicca qui per leggere gli spoiler sul finale

Dopo tanti anni, ormai adulto, Hans riceve della posta dal liceo che frequentava che riportava la richiesta di un contributo per ereggere un monumento ai caduti. Ad accompagnare la lettera un libretto con i nomi dei caduti.
Prima scorre tutti i nomi saltando quelli che iniziano con H, riconoscendo 26 dei suoi vecchi compagni di classe che sono morte per il Terzo Reich. Quando poi decide di cercare il nome di quello che è stato il suo migliore amico al tempo legge:

VON HOHENFELS, Konradin, implicato nella congiura per assassinare Hitler. GIUSTIZIATO

Questa è l’ultima frase del romanzo e il momento in cui i due amici fanno pace per riunire le proprie idee, come quando lo facevano per le poesie e la narrativa.

Quelle dieci parole sono la dichiarazione di amicizia più toccante che io abbia mai letto.

Per concludere, se non hai mai letto L’amico ritrovato di Fred Hulman mi chiedo cosa stai aspettando?

Autore: Fred Hulman
Titolo dell’opera: L’amico ritrovato
Titolo originale dell’opera: Reunion
Numero di pagine: 108
Voto: 5/5 ++
Dove trovarlo: nel tuo cuore dopo la lettura,
ma anche libro fisico, ebook.