Categoria: Non fiction

Guida cinica alla cellulite

Nessuna donna si sente perfetta, sicuramente neppure le modelle bellissime di Victoria Secret. Tutte allo specchio vediamo i nostri difetti e il più grande è la cellulite, quei buchini sulla pelle di fianchi, cosce e sedere.

Nella ricerca continua di un rimedio a questi inestetismi compriamo creme, ci affidiamo a mani che riteniamo esperte di estetiste per farci fare massaggi e subire gli effetti di quelle strane macchine sul nostro corpo.

Cristina Fogazzi con cinismo e umorismo ci descrive senza mezzi termini che cosa è e soprattutto cosa non è la cellulite. Ad esempio i buchi che vediamo quando stringiamo il sedere, non è cellulite, bensì i tendini.

La nuova copertina

L’estetista cinica ci spiega come vivere la cellulite

Innanzitutto l’autrice del libro Cristina Fogazzi spiega cosa è il grasso. Io non sapevo che durante la giovinezza le cellule di grasso, chiamate adipociti, crescono in numero rispetto a quanto siamo dei bambini paffutelli o magri. Quindi è in giovane età che si decide il grasso corporeo che probabilmente avremo da adulti.

Quando ingrassiamo gli adipociti diventano più grandi e quando dimagriamo si riducono.

La cellulite è “una malattia del pannicolo adiposo sottocutaneo” il suo nome scientifico è Pannicolopatia Edemato Fibro Sclerotica. Un nome terribile che tutte le donne pensano di avere, ma non tutte hanno. Cristina Fogazzi in questa guida cinica ci aiuta a capire come riconoscerla e come attenuarla.

La cellulite è provocata dalla cattiva circolazione; infatti molte donne soffrono di piedi e gambe perennemente fredde, sono per questo quelle più soggette a questo inestetismo.

Non sempre quello che crediamo essere cellulite lo è davvero. Con il passare degli anni, il poco sport o a causa del dimagrimento la pelle perde tonicità creando dei buchi che potrebbero sembrare cellulite, ma in realtà non lo sono.

Ci sono quattro stadi della cellulite, in base alla gravità:

  • stadio 1: la semplice ritenzione idrica;
  • stadio 2: la buccia d’arancia;
  • stadio 3: quando la buccia d’arancia si accompagna a dei buchetti;
  • stadio 4: la cellulite senza alcun dubbio con buchi visibili e pelle flaccida.
La vecchia copertina

Quello che ho imparata dalla Guida cinica alla cellulite

Una cosa che per me è cambiata da quando ho letto questo libro tre anni fa è la camminata, infatti da allora ad ogni passo che faccio mi premuro di puntare il tallone e rollare il piede fino alla punta. Se prima dovevo pensarci, ora è un’abitudine che aiuta il sangue a sconfiggere la forza di gravità.

Ho imparato che le creme anticellulite non funzionano, perché la nostra pelle ha uno schermo che ci protegge e quindi non lascia passare neppure i prodotti che dovrebbe “sciogliere” quei brutti inestetismi. Se comunque esistono alcuni prodotti che possono aiutare hanno un costo estremamente alto, perché le creme anticellulite da profumeria o supermercato non possiedono abbastanza prodotto agente per aiutare veramente.

Ho soprattutto potuto apprezzare il fatto di non possedere le inguardabili culotte de cheval!

Autore: Cristina Fogazzi e dott. Enrico Motta
Titolo dell’opera: Guida cinica alla cellulite
Numero di pagine: 223
Voto: 4/5
Dove trovarlo: Kindle, libro.

Ave Mary, e la Chiesa inventò la donna della Murgia

Sebbene io sia sarda, il mio rapporto con la Sardegna e con la letteratura sarda nello specifico è di diffidenza. Forse per colpa di Gavino Ledda e del suo libro Padre padrone che svela cose dei pastori che è meglio rimangano sulle montagne.

Michela Murgia è famosa per i suoi romanzi – Accabadora in primis – ma questo saggio è il primo che me l’ha fatta conoscere come autrice circa sei anni fa. Non ricordo perché lo comprai, ma il tema della Chiesa e la donna mi interessava e interessa tuttora.

La Murgia è cattolica e ha frequentato l’azione cattolica diventandone anche educatrice e animatrice e ha una laurea in Scienze religiose. Quindi una persona che la Chiesa e i suoi insegnamenti li conosce molto bene.

Come nasce Ave Mary?

Questo libro nasce come risposta alle donne che frequentano la chiesa. L’8 marzo 2009 viene invitata ad intervenire ad un convegno dal titolo Donne e Chiesa: un risarcimento possibile? nel paese di Austis assieme a due dottoresse teologhe che, a dire della Murgia stessa, hanno sicuramente più voce in capitolo di lei riguardo questi temi.

Gli interventi della sindaca Lucia Chessa, che invitò la scrittrice, e delle teologhe Marinella Perroni e Cristina Simonelli raccontarono come la Chiesa negli anni ha maltrattato la donna elencando le varie mancanze nei confronti del genere femminile e portando ad argomento esempi quale l’Inquisizione e le streghe messe al rogo.

L’intervento di Michela Murgia, a differenza di quelli precedenti, aveva un tono molto più pratico. Infatti raccontò la propria esperienza di ragazzina e donna a contatto con la Chiesa, riprendendo gli argomenti delle mancanze esposte precedentemente, che con esempi pratici, nei quali anche le donne presenti si potessero identificare.

All’incontro era presente anche il giovane prete che al termine dei quattro interventi ha voluto sottolineare come nella sua Parrocchia le donne erano tenute in conto senza mancanze alcune. A quel punto dal pubblico una donna trova il coraggio di dire: “Per pulire, Don Marco!”
Da questo momento tutte le donne, che prima ascoltavano impassibili, si sono sfogate. Ed è proprio per queste donne che Michela Murgia ha scritto Ave Mary, per farci capire che quello che viviamo tutti i giorni è un’eredità degli anni passati, difficile sicuramente da scrollarci di dosso, ma sui social la scrittrice sarda porta avanti la sua battaglia senza temere nulla, ed è un piacere seguirla!

Quello che ho imparato da Ave Mary

La Mater Dolorosa

Gesù che muore sulla croce rappresenta i patimenti dell’uomo come genere maschile e non come comunità di persone. La donna è sempre rappresentata come dolente e non viene mai rappresentata la morte femminile. Se si pensa alla morte di Maria si parla in realtà sempre di un’ascensione, non si pensa mai al suo corpo senza vita.

Non abbiamo una rappresentazione della morte delle donne, ma sempre della loro sofferenza, la Mater Dolorosa. Tutti conosciamo il passo della Genesi dove Dio punisce Adamo ed Eva: lui dovrà lavorare con sudore e lei partorire con dolore. Alla donna capita una punizione ulteriore data dal dolore fisico, mentre l’uomo se la cava solo faticando.

Da questa punizione della Genesi si sviluppa un argomento ancora interessante, che è ben radicato ancora oggi, delle donne che non hanno figli, quindi che non hanno partorito e che non avendo sofferto durante il parto si sono sottratte a questa punizione divina. Da questo punto ci si collega alla medicina e all’invenzione dell’epidurale, che toglie alla donna il dolore che Dio invece le ha riservato. Questo argomento scaturì un lungo dibattito teologico se privare la donna del dolore fisico del parto fosse giusto o meno. Come sempre un gruppo di uomini che si permette di decidere cosa una donna deve fare con il proprio corpo, sia questa credente o meno.

La fuitina

Una cosa che mi ha scioccata non poco è stato scoprire che la fuitina, conosciuta come la fuga di due innamorati, la cui unione non è accettata dalle famiglie (dei Romeo e Giulietta reali), per unirsi di legalmente e fare ritorno in paese con un legame indissolubile. Leggendo Ave Mary, Michela Murgia racconta come la fuitina non sia altro che un matrimonio riparatore di uno stupro.

Non metto in dubbio che qualcuno sia scappato per amore, ma da quanto è stato scritto in questo saggio capitava molto spesso che una donna venisse violentata e per nascondere il fatto e la vergogna che ne deriva, i due giovani venivano fatti sposare in accordo tra le due famiglie.

Questo libro è pieno di temi interessanti, ai quali non ci si sofferma abbastanza per provare a creare una propria idea perché ormai fanno parte di noi e della nostra società. Quando c’è chi mette in discussione l’ordine generale delle cose è però sempre bene leggerlo per sentire la controparte, si può comunque imparare qualcosa di nuovo.

Grazie Michela Murgia per Ave Mary, lo custodirò gelosamente e consiglierò quanto posso!

Autore: Michela Murgia
Titolo dell’opera: Ave Mary
Numero di pagine: 159
Voto: 5/5
Dove trovarlo:

I giustizieri della rete, ovvero le shitstorm

Tempo fa avevo sentito parlare del libro So You’ve Been Publicly Shamed di Jon Ronson che mi ha subito affascinato. Lo scrittore intervista persone che hanno fatto una mossa falsa su internet e per questo sono state ricoperte di insulti sulla rete e sono state cancellate dalla società.

Cosa sono le Shitstorm?

La parola shitstorm è traducibile in italiano letteralmente con “tempesta di merda”. In internet si utilizza questo termine per identificare la pratica poco felice degli utenti di insultare chi, a loro parere, ha commesso un passo falso. I passi falsi possono essere:

  • la pubblicazione di un tweet o post con un’opinione molto discutibile;
  • la pubblicazione di una foto con qualcosa di offensivo per la community;
  • il repost di un meme offensivo e/o razzista;
  • la pubblicazione di stories su instagram di dubbio gusto;
  • la pubblicazione di video su youtube con opinioni o comportamenti estremamente discutibili;
  • la testimonianza di un altro utente che riporta il comportamento incoerente o sbagliato di un altro influencer.

Nel caso di una di queste pubblicazioni gli utenti della community, che in qualche modo si sono sentiti toccati e offesi da questi fatti, si scagliano contro il content creator riempiendolo di insulti che tutti assieme fanno sentire la persona in una vera e propria “tempesta di merda”.

La copertina americana

So You’ve Been Publicly Shamed – il caso del Tweet razzista di Justine Sacco

Nel saggio So You’ve Been Publicly Shamed Jon Ronson intervista persone con una vita normale che a causa di un tweet o una foto postata su un social media hanno perso il lavoro e la loro vita sociale.
Il caso più noto è quello di Justin Sacco che postò un tweet prima di prendere un volo dall’Inghilterra al Sudafrica e che arrivata a destinazione ha ricevuto migliaia di notifiche e la lettera di licenziamento del suo datore di lavoro.

Going to Africa. Hope I don’t get AIDS. Just kidding. I’m white!

I tweet die Justin Sacco del 20 dicembre 2013

Il tweet razzista significa: “Sto andando in Africa. Spero di non prendere l’AIDS. Sto scherzando. Sono bianca!”. Justine aveva solo 170 followers, ma fra quelli che ripostarono il suo tweet c’era chi tra i propri followers aveva una persona indignata con molti seguaci e da qui la popolarità della Sacco impennò.

Il tweet razzista fu preceduto da altri due commenti stereotipati verso il poco igiene dei tedeschi e i denti poco curati degli inglesi. Se volessimo scusare il parere ignorante contro l’AIDS in Africa, pensando ad un caso sfortunato, i precedenti tweets non hanno lasciato alcun dubbio a chi ha considerato Justin Sacco razzista.

Il fermento sul web fu così tanto che fu addirittura creato l’hashtag #hasjustinelandedyet (è già atterrata Justine) e ci fu anche chi l’aspettava a Cape Town per fotografarla.

Alla cancellazione del tweet non ha aiutato, perché la prima regola di internet è che uno screenshot dura per sempre.

La copertina italiana

La cancel culture

L’America è famosa per non perdonare alcun comportamento sociale ritenuto sbagliato. Nei fatti di cronaca come nelle serie vediamo ragazzi sospesi da scuola per aver sbagliato al di fuori dell’orario di scuola o persone licenziate perché hanno avuto comportamenti poco in linea con i valori della società dove lavorano, dopo aver firmato il cartellino di uscita.

Diciamo che l’America osserva, non perdona e possibilmente ti cancella.

Lo stesso trattamento è riservato a persone famose che sbagliano. Alcuni esempi sono attori ai quali viene tolta una parte alla quale lavorano da anni, influencers ai quali viene tolta una partership.

Se questo sia giusto o no, non è in questo caso in discussione, certo è in alcuni casi si potrebbe permettere un percorso di redenzione.

La soluzione per il ritorno alla normalità

Jon Ronson intervista anche una società che aiuta queste persone che hanno la vita rovinata da internet a trovare pace.

Se pensi che avere la vita rovinata da internet possa sembrare troppo forte come affermazione, devi pensare che durante un qualsiasi colloquio è norma fare una ricerca su Google per vedere chi sia la persona veramente. In realtà questa ricerca viene fatta anche in ambiti molto più innocui, come tra amici o colleghi.

Se alla ricerca di Justin Sacco compariranno solo commenti e informationi al suo tweet razzista, l’agenzia intervistata da Ronson sarà in grado di creare nuove pagine di ricerca a tuo nome e piazzarle alle prime pagine di Google, in modo da nascondere i risultati peggiori su di te nelle pagine di ricerca meno visualizzate dagli utenti. Tutto questo grazie ad un lavoro di Web Master e SEO Manager.

Quindi stai sempre attento a quello che pubblichi su internet. Pensa sempre due, tre volte prima di postare davvero qualcosa. Fermo restando che non si potrà mai accontentare tutti, io ti consiglio di non esporre mai un tuo parere su politica, religione e aspetto fisico altrui. Per tutti il resto, se non scrivi stereotipando qualcuno, dovresti essere salvo dalle shitstorm!

Autore: Jon Ronson
Titolo dell’opera: I giustizieri della rete
Titolo originale dell’opera: So You’ve Been Publicly Shamed
Numero di pagine: 321
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro originale, ebook originale, libro in italiano, ebook in italiano

Una cosa divertente che non farò mai più

Nella mia lista dei sogni e progetti c’è di sicuro una crociera. Mi immagino a prua a guardare l’oceano cercando di scorgere i delfini in lontananza, ma soprattutto a rimanere distesa su una sdraio a non fare assolutamente nulla che non sia mangiare o scegliere la prossima attività da fare

Tutto quello che potremmo immaginarci di piacevole in una crociera, viene guardato con occhio distaccato da David Foster Wallace e messo sotto una lente critica che rende ogni dettaglio tragicomico.

La copertina del libro

Ma allora perché ha fatto una crociera se non gli piacciono queste cose?

Il libro è nato da un reportage che la rivista Harper’s gli commissionò. lo scrittore avrebbe dovuto raccontare com’è una crociera extra lusso sulla nave Nadir per sei giorni e sette notti di visita dei Caraibi. Quello che sarebbe un sogno praticamente per tutti, viene analizzato con distacco, come se tutto quello che accade, dall’attesa per la partenza, alle cene alle quali partecipa, non stia accadendo a lui.
Il perché di fare una vacanza su una crociera extra lusso la si legge in questa frase:

Una vacanza è una tregua dalle cose sgradevoli e poiché la coscienza della morte e della decadenza è sgradevole, può sembrare strano che la più sfrenata fantasia americana in fatto di vacanze preveda che si venga schiaffati in mezzo a una gigantesca e primordiale macchina di morte e decadenza.

Le situazioni più divertenti

Un passeggero non può trasportare la propria valigia

Sicuramente il capitolo che più mi ha divertita è il nono nel quale vengono descritti i particolari del lusso, quel lusso che tanto viene ripetuto nella pubblicità.
L’equipaggio della Nadir si occupa dei proprio passeggeri dall’arrivo in aeroporto, dove vengono prese in carico le valigie che poi verranno portate direttamente in cabina. David Foster Wallace, che necessitava di vedere la nave allontanarsi dal porto e non voleva bruciarsi per il forte sole, descrive il momento in cui è andato alla ricerca dello zinco da mettersi sul naso, che si trovava nella sua sacca. Si dirige quindi nella hall dove si trovano i facchini intenti a organizzare le valigie da consegnare ai legittimi proprietari. Lui vedendo la sua sacca cerca di prenderla, ma viene subito bloccato da un ragazzo dell’equipaggio che la vuole consegnare di persona. Questa scena mette il facchino in una situazione non facile: si trova in bilico tra “IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE” e “IL CLIENTE NON DEVE MAI PORTARE I SUOI BAGAGLI“. Vince la prima sulla seconda, ma non senza ripercussioni. Infatti mentre lo scrittore si trova sul ponte, il facchino subisce una lavata di capo.
Come epilogo, Wallace riceve una visita di scuse da parte dell’ufficiale delle Relazioni con il pubblico, che lo fa render conto dell’infelice situazione nella quale ha messo il facchino per quel suo gesto bonario. Ci tiene però a farci sapere che ha fatto promettere all’ufficiale di non licenziare il ragazzo.

Lenzuola fresche ad ogni uscita

La cabina viene pulita e riordinata e le lenzuola e gli asciugamani cambiati quando la si lascia per più di 30 minuti. Se si sta fuori meno tempo invece non viene ripulita, ma neanche si trova la cameriera intenta a pulire la cabina. Come facciamo a saperlo? David Foster Wallace ha fatto varie prove nei sei giorni di navigazione: ha provato ad uscire per 10, 20 e per 29 minuti e ad ogni suo rientro ritrovava il sudiciume lasciato, ma se andava in giro dai 31 minuti in su, la sua cabina brillava e il cioccolatino veniva lasciato sulle lenzuola fresche.
Sebbene abbia fatto vari esperimenti come girare l’angolo improvvisamente per cogliere in fallo la donna delle pulizie, o fare vari giri, sempre diversi, per cercare di capire se venisse seguito, non è riuscito a capire come questo fosse nel potere dell’equipaggio della Nadir. Non è riuscito neppure a vedere se ci fossero delle telecamere nascoste nei corridoi. Rimarremo pure noi con questo dubbio, ma è sicuramente interessante immaginarsi lo scrittore che svoltato l’angolo fa uno scatto e torna nella cabina, ma rimane deluso di non trovarci la cameriera intenta a ripulire.

Le note a piè di pagina sono il vero spasso

Le note a piè di pagina

La parte sicuramente più divertente rimangono le note a piè di pagine, presenza quasi ingombrante, tanto che occupano persino due pagine intere del libro da sole.
Questi commenti personali non sono stati creati per comparire sulla rivista, quindi David Foster Wallace si è lasciato andare ad ogni commento più sagace e approfondito di ogni singola cosa o passeggero che si sia trovato di fronte durante quei sei giorni e sette notti, commentando pure i discorsi delle cene alle quali ha partecipato.

Come commento finale io consiglio a tutti di leggere Una cosa divertente che non farò mai più, anche solo per sapere esattamente cosa succede in una crociera extra lusso. Simpatico e frizzante è difficile da chiudere e non finire tutto d’un fiato, è sicuramente un ottimo rimedio per il temuto blocco del lettore.

Autore: David Foster Wallace
Titolo dell’opera: Una cosa divertente che non farò mai più
Titolo originale dell’opera: A Supposedly Fun Thing I’ll Never Do Again
Numero di pagine: 164 pagine
Voto: 5/5
Dove trovarlo: Libro, ebook, audiolibro.