Categoria: Letteratura tedesca

Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino

Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino è probabilmente uno dei libri più letti e famosi di tutti i tempi e sebbene non si tratti di un testo di alta letteratura, resta comunque un libro di grandissima importanza.

Wir Kinder vom Bahnhof Zoo tratta della storia di Christiane Vera Felscherinow, diventata poi famosa come Christiane F., della sua dipendenza dalle droghe, della sua caduta nella spirale di dipendenza, prostituzione e morte.

Christiane F.

La sua intervista rilasciata ai giornalisti Kai Hermann e Horst Rieck diventa un caso mediatico. Per la prima volta si parla apertamente del problema della droga, di ciò che comporta, di ciò che causa.
Christiane con le sue parole ci racconta della sua discesa verso gli inferi, iniziata con dell’hashish e dell’LSD per poi finire, a 14 anni, a bucarsi per la prima volta di eroina. Ci racconta senza mezzi termini, senza indorarci la pillola, della sua vita di ragazzina che a 14 anni inizia a prostituirsi per assicurarsi la prossima dose.
Ci racconta di uomini, adulti, che consapevoli dell’inferno personale di questi poco più che bambini, approfittano di loro acquistando (indirettamente) le dosi che li avvicineranno ogni giorno di più alla morte.
Christiane ci racconterà degli amici caduti per mano di questa terribile dipendenza, ci racconterà del suo amore tormentato e tormentoso con Detlef e ci racconterà dei suoi tentativi di disintossicazione falliti.

Ricordo di aver letto questo libro tutto d’un fiato, quando avevo 20 anni. Mi lasciava senza parole e con un senso di angoscia indicibile leggere di ciò che era stata parte dell’adolescenza di Christiane. Ricordo che leggendo quelle parole mi veniva quasi da essere grata per il mio essere sempre stata così lontana dal mondo delle dipendenze, sia per ingenuità che per paura.

La storia di Christiane si svolge soprattutto tra Gropiusstadt (sottoquartiere di Neukölln), dove si trova casa sua, e il quartiere di Tiergarten (dove si trova lo Zoologischer Garten).
Oggi, la stazione U-Bahn (metropolitana) di Gropiusstadt è stata rinominata Johannistahler Chaussee e il quartiere di Gropiusstadt rimodernizzato e, grazie a numerosi investimenti, la zona è stata resa più moderna e vivibile.

La copertina del libro

Dopo la pubblicazione dell’intervista sullo Stern, Christiane F. è diventata, suo malgrado, una star: negli anni successivi alla pubblicazione del libro, infatti, prende parte ad alcuni film e tenta anche la carriera musicale. QUI una sua performance con Alexander Hacke (nel video Alexander von Borsig) degli Einstürzende Neubauten (di cui sicuramente vi parlerò a breve in uno dei prossimi articoli).
Come è ben immaginabile, Christiane non è mai veramente uscita dalla sua dipendenza ma anzi, la sua fama e la sua conseguente disponibilità economica non hanno fatto altro che renderle più accessibili le sostanze stupefacenti, facendola ricadere più volte nel vertice della droga.

Trovo che Noi, i Ragazzi dello Zoo di Berlino dovrebbe essere una lettura consigliata nelle scuole perché sono sicura darebbe modo a molti di riflettere e, forse, di evitare di ritrovarsi in un mondo dal quale tragicamente troppo spesso non c’è via d’uscita se non con la morte.

Autore: Christiane F. (con Kai Hermann e Horst Rieck)
Titolo dell’opera: Noi, i Ragazzi dello Zoo di Berlino
Titolo originale dell’opera: Wir Kinder vom Bahnhof Zoo
Numero di pagine: 358
Voto: 4/5
Dove trovarlo: libro, audiolibro, film

Der Tastenficker – L’autobiografia di un rocker coi piedi per terra

Come mi è già capitato di raccontare in post precedenti, la mia più grande passione è la musica.

La musica per me è una fedele amica che mi accompagna da sempre, dalla mia più tenera età. È un’amica che fa da sottofondo ai miei sogni e alle mie speranze ed è un’amica che ha avuto un impatto così forte su di me, che è riuscita ad influenzare anche alcune mie scelte di vita che, apparentemente, non hanno nulla a che fare con ciò che ascolto.

Eppure… Da giovanissima liceale, annoiata e malinconica, mi rifugiavo sempre nell’ascolto di qualche disco che riuscisse a dare anche a me, che all’epoca ero più timida di adesso, la sensazione di poter spaccare il mondo e ribellarmi, appunto, alla noia di un’adolescenza trascorsa in un paesino di 3000 anime.

Cercando, quindi, qualcosa che potesse far sfogare le mie giovani frustrazioni, mi ritrovai a fare la conoscenza dei Rammstein.
I Rammstein suonavano un irresistibile industrial metal e cantavano in tedesco… cosa poteva esserci di meglio per me, già allora innamorata di questa lingua croce e delizia di molti di noi?

Mi appassionai, tantissimo, ritagliavo articoli di giornale, collezionavo i loro dischi. Da buona fangirl sognavo di poter leggere le loro biografie e poter entrare ancora di più nel loro mondo.

Il 22 marzo 2016 il Dio della musica ascolta le mie preghiere ed ecco che nelle librerie esce Der Tastenficker: An was ich mich erinnern kann autobiografia di Christian “Flake” Lorenz, tastierista della band.

Flake nel 2018

Attenzione però: Questo libro non parla dei Rammstein, non parla di come sono nati e non svela nessun segreto riguardo alla band tedesca con (probabilmente) più successo della storia (che ci piaccia o no…).
Il libro è una raccolta di ricordi, che iniziano dalla sua infanzia nel quartiere di Prenzlauer Berg, all’epoca profonda Germania Est e che oggi, invece, si è trasformato in uno dei quartieri più in e costosi della città.
Nel libro, scritto in un tedesco molto accessibile a coloro i quali abbiano un po’ di dimistichezza con la lingua, ci mostra il lato umano del musicista e ci mostra un uomo semplice, un uomo coi piedi per terra, ironico e autoironico che, come tutti noi, combatte contro le difficoltà giornaliere che lui stesso si crea.

Questo libro di Flake è stato una lettura, per me, meravigliosa. La scoperta di una persona dall’animo profondamente gentile e per niente cambiata dal successo. Come un vecchio amico che rivedi dopo tanto tempo e col quale hai una smodata voglia di andare in una Kneipe a bere una (o più) birra.

La copertina dell’opera

Il testo si trova, purtroppo, solo in tedesco e questo è un vero peccato perché so che molti fan italiani dei Rammstein acquisterebbero subito il libro per poter leggere un po’ delle (dis)avventure di Flake che, dei 6 Rammstein, è sicuramente quello con cui mi piacerebbe essere amica!

Il titolo è l’unione di Tasten -> tasti e Ficker -> co***ne.
A te l’arduo compito di trovare una traduzione in italiano che faccia giustizia al gioco di parole in tedesco!

Autore: Christian “Flake” Lorenz
Titolo dell’opera: Der Tastenficker: An was ich mich erinnern kann
Titolo originale dell’opera: come sopra
Numero di pagine: 392
Voto: 5/5
Dove trovarlo: Amazon; audiobook

Il mio libro preferito: L’amico ritrovato

A scuola mi hanno fatto leggere L’amico ritrovato, alle medie e poi di nuovo alle superiori. Una delle due volte abbiamo anche visto il film, per quel che ormai mi ricordo, gli rende abbastanza giustizia.

La trama

Copertina del libro acquistato alle medie

La storia racconta l’amicizia tra un ragazzo ebreo e un suo compagno di classe aristocratico di una famiglia molto importante per la storia della Germania, i von Hohenfels.
I due ragazzi iniziano subito a frequentarsi assiduamente perché entrambi amano la letteratura e la cultura in generale, a differenza della maggior parte dei loro compagni di classe che si divertono a prendere in giro Hans accompagnando il suo passaggio con la canzone:

“Piccolo giudeo, ti diamo il saluto
nell’inferno di Mosè e Isacco sii il benvenuto.”

Nel frattempo la Germania subisce il fascino del nazismo, e anche la famiglia von Hohenfels appoggia il Führer, tanto da esporne una foto incorniciata in casa.
Un primo incrinamento nel rapporto avviene quando Hans e Konradin si trovano entrambi a teatro nello stesso momento e il secondo, pur vedendo il compagno, fa finta di non conoscerlo, perché in quel momento storico frequentare un ebreo non era una cosa da vantare in casa.

La versione più diffusa in Italia.

I genitori di Hans decidono di mandarlo da parenti in America per non dover subire le leggi razziali che iniziavano ad essere emandate e la rottura definitiva arriva quando Konradin invia una lettera al ragazzo in partenza scrivendo: “… è la cosa più saggia che tu possa fare. La Germania di domani sarà diversa dalla Germania che abbiamo conosciuto” e continuando con “… Il Führer è in grado di scegliere … tra i buoni elementi ebrei e gli indesiderabili.”

Hans parte quindi per un luogo sconosciuto, ma sicuro, mentre Konradin rimane a Stoccarda tra la sua gente, comunque protetto dai suoi ideali.



Leggere in tedesco

Copertina della versione tedesca

Quando mi sono trasferita in Germania non sapevo praticamente nulla di tedesco, il mio vocabolario personale si componeva di pochissimi vocaboli. Cosa bisogna fare per aumentare la propria capacità lessicale? Leggere in lingua!

Durante una gita a Lipsia ho trovato Der wiedergefundene Freund, titolo tedesco, e l’ho comprato come souvenir della città, ma anche con il pragmatico scopo di leggere un racconto che io conosco molto bene per potermi concentrare più sulle parole e la sintassi, che sul contenuto in sé.

Leggere L’Amico ritrovato in tedesco è fattibile con un livello di tedesco circa B1. Quindi se stai imparando questa meravigliosa lingua ostica e sei alla ricerca di letture che non siano da bambini, ma che siano facilmente affrontabili senza dover aprire il dizionario ogni due parole, io ti consiglio di correre in libreria a comprare il libro della Diogenes.

Sebbene Fred Hulman sia tedesco, il romanzo è stato scritto in inglese con il titolo Reunion. La scelta di questa lingua è dovuta alla nuova patria dello scrittore dopo l’arrivo dei nazisti si è trasferito prima in Francia e poi grazie ad un’amica inglese in Gran Bretagna, al sicuro dalla morte, ma non certo di venir trattato bene.

La Trilogia del ritorno

L’amico ritrovato è solo il primo di una trilogia intitolata Trilogia del ritorno che, oltre al primo libro include Un’anima non vile e Niente resurrezioni, per favore.

Copertina della trilogia

Il secondo, Un’anima non vile, non è altro che il testo della lettera che un giovane Konradin scrive all’amico Hans, al quale queste parole non sono però mai arrivate.

Niente resurrezioni, per favore racconta il ritorno nella città natale di Simon Elsas, un ebreo che è fuggito in America dopo che Hitler prese il potere. Simon torna anche al suo vecchio liceo, ma questa non sarà una visita di piacere, perché si porta dietro l’amarezza di un tempo sbagliato, fatto di errori non dimenticati, ma che si cerca di nascondere.
Fred Hulman decide di far compiere a Simon, un personaggio che non conosciamo, quel viaggio di ritorno ed esplorazione del proprio passato che non è mai riuscito a compiere Hans, il quale nella città natale non ha più nulla che lo lega.

Perché è il mio libro preferito

Ogni volta che per un motivo o per un altro parlo dell’Amico ritrovato, libro che consiglio a tutti – e che purtroppo presto e non mi viene restituito in tempi brevi – mi commuovo fino ad avere gli occhi lucidi. L’emozione che ho provato a leggerlo la prima volta mi accompagna sempre nel parlarne, non l’ho mai dimenticata.
In questo caso dovrò raccontare il finale che, se non hai mai letto il libro ti consiglio di saltare, per non rovinare il senso di leggerezza che il libro ti lascia quando lo finisci.

Clicca qui per leggere gli spoiler sul finale

Dopo tanti anni, ormai adulto, Hans riceve della posta dal liceo che frequentava che riportava la richiesta di un contributo per ereggere un monumento ai caduti. Ad accompagnare la lettera un libretto con i nomi dei caduti.
Prima scorre tutti i nomi saltando quelli che iniziano con H, riconoscendo 26 dei suoi vecchi compagni di classe che sono morte per il Terzo Reich. Quando poi decide di cercare il nome di quello che è stato il suo migliore amico al tempo legge:

VON HOHENFELS, Konradin, implicato nella congiura per assassinare Hitler. GIUSTIZIATO

Questa è l’ultima frase del romanzo e il momento in cui i due amici fanno pace per riunire le proprie idee, come quando lo facevano per le poesie e la narrativa.

Quelle dieci parole sono la dichiarazione di amicizia più toccante che io abbia mai letto.

Per concludere, se non hai mai letto L’amico ritrovato di Fred Hulman mi chiedo cosa stai aspettando?

Autore: Fred Hulman
Titolo dell’opera: L’amico ritrovato
Titolo originale dell’opera: Reunion
Numero di pagine: 108
Voto: 5/5 ++
Dove trovarlo: nel tuo cuore dopo la lettura,
ma anche libro fisico, ebook.

A Voce Alta, un romanzo sulla vergogna

La domanda che più volte mi sono posta mentre leggevo questo libro e pensavo che ne avrei scritto una recensione era come avrei potuto parlare, rendendogli giustizia, di un testo che ha così tante sfaccettature, affronta così tanti tempi, senza fare spoiler ma riuscendo ad incuriosire le persone che, forse, leggeranno queste righe.

Siamo negli anni ’50 dello scorso secolo, in Germania, più probabilmente* ad Heidelberg, città del Baden-Württemberg. *L’autore non rivela mai con chiarezza qual è la città dove si svolgono i fatti, lo si evince, però, da alcuni riferimenti geografici. Ma torniamo a noi: il quindicenne Micheal Berg, in un lunedì non meglio specificato d’autunno, mentre torna da scuola, si sente male e in preda ad un violento attacco di nausea, è costretto a dare di stomaco per strada. Una donna lo vede, lo aiuta a ripulirsi e lo riaccompagna a casa. La sera stessa, dopo la visita del medico di famiglia, a Micheal viene diagnosticata l‘itterizia e gli vengono prescritti diversi mesi di riposo assoluto.

Durante i mesi di degenza, noiosissimi per il nostro protagonista, non pensa all’episodio con la donna finché un giorno lo racconta alla madre che lo convince del fatto che non appena si sarà rimesso, dovrà andare a trovare quella donna e ringraziarla per il suo aiuto. Una volta ripresosi, quindi, Michael farà esattamente quello che gli avevo consigliato sua madre e, con alcuni risparmi messi da parte durante i mesi di degenza, compra dei fiori e va a trovare Hanna Schmitz, la donna che con un piccolo gesto tanto gli era stata vicina in un momento di difficoltà.

Da questo momento in poi, le vite di Michael e Hanna si intrecceranno per sempre, prima con una storia d’amore travagliata (anche per l’età dei protagonisti – Michael 15 e Hanna 36) e che porterà la coppia a vivere momenti di intensissima intimità e amore, ma anche momenti di rabbia che risulteranno incomprensibili soprattutto a Michael e poi attraverso un incontro fortuito, molti anni dopo, che svelerà tutti i terribili segreti di cui è pieno il passato di Hanna.

Il titolo dell’opera (Der Vorleser in tedesco; A Voce Alta in italiano) fa riferimento al fatto che Hanna amava che Michael leggesse, quasi recitasse, per lei, a voce alta, quanti più libri possibile.

Nel leggere questo libro, mi sono ritrovata più volte a chiedermi perché il testo venga così spesso consigliato a persone che vogliano provare, per la prima volta, a leggere un libro in tedesco. Sebbene la lingua non sia effettivamente difficile (soprattutto nella prima parte) e i capitoli siano molto corti, penso che i temi affrontati dalla seconda parte in poi, non siano temi così semplici da essere semplicemente letti come esercizio di lingua.

Il libro parla di giustizia e di come dovrebbe venire applicata, parla di un passato difficile da affrontare ma impossibile da ignorare e dimenticare. Parla di colpa, individuale e collettiva, che poi, per ovvi motivi, è un tema molto centrale di grandissima parte della letteratura tedesca del secondo dopoguerra. Parla di nuove generazioni che odiano le generazioni precedenti ed addossano loro tutte le colpe di un passato ignobile.
Ma di questo ha già parlato chiunque si sia occupato di questo libro.

Quello che, invece, ha toccato me, più profondamente, è il sentimento della vergogna: quella vergogna che ci spinge a scelte sbagliate, quella vergogna che ci attanaglia e che ci riduce a quello che forse non siamo ma che diventiamo perché pensiamo di non avere alternative. Quel sentimento di odio verso noi stessi che ci porta a preferire di essere odiati per qualcosa che probabilmente non siamo, ma che preferiamo a noi stessi. La convinzione di non poter chiedere aiuto e, in alcuni casi, doversi abbassare a diventare criminali. Un senso di impotenza che, però, non ci rende meno colpevoli, anzi, ci rende solo più disprezzabili e attaccabili. Perché avremmo potuto fare la cosa giusta, o forse solo meno sbagliata, se avessimo avuto quanto meno il coraggio di accettare i nostri limiti cercando di superarli.

Autore: Bernhard Schlink
Titolo dell’opera: A Voce Alta (Il Lettore nella nuova traduzione)
Titolo originale dell’opera: Der Vorleser
Numero di pagine: 184 (in italiano), 207 (in tedesco)
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro