Categoria: Letteratura russa

Noi – L’annullamento dell’Io

Negli ultimi articoli l’avevo già scritto: è un periodo in cui, senza neanche accorgermene, mi ritrovo a leggere tanta letteratura russa. Per continuare la tradizione sovietica, quindi, anche in questo articolo vi parlerò di un libro scritto da un autore russo, ovvero Evgenij Ivanovič Zamjatin.

Avevo iniziato a leggere Noi già forse un anno o due anni fa e poi, per qualche motivo a me ora ignoto, avevo semplicemente non continuato più, nonostante io sia un’amante delle distopie e delle ambientazioni temporali futuristiche anche se non meglio specificate.

Noi è, quindi, un romanzo distopico ambientato in un epoca in cui lo Stato Unico ha conquistato il mondo, imponendo la sua idea di felicità matematica e di società perfetta. Il perimetro entro il quale la vita degli abitanti dello Stato Unico si svolge è circondata da un Muro Verde, che separa lo Stato Unico da tutto il resto, che viene considerato selvaggio e inferiore.

Protagonista, io narrante del romanzo, è D-503 che attraverso le sue note ci porterà a conoscere la società e la loro idea di felicità che gli abitanti dello Stato Unico, ma soprattutto il Benefattore (leader dello Stato), vogliono presentare, trasmettere alle altre popolazioni. Attraverso la costruzione dell’astronave Integrale trasmetteranno tutto questo a tutti gli altri.

La copertina dell’opera

Nella società dello Stato Unico, l’individuo non esiste più. L’uno si è trasformato in “noi”, l’intera popolazione si è in un’unica persona che pensa, si veste, si comporta e vive allo stesso modo. Non esiste privacy, tutti i palazzi sono di vetro, così da poter essere visti e vedere costantemente. Non ci sono pensieri e azioni che non siano controllate.

Esistono però due piccoli lassi di tempo durante la giornata in cui esiste la possibilità di non essere visti, e sono le ore personali: dalle 16 alle 17 e dalle 21 alle 22. Sono le ore in cui solitamente ci sono degli incontri sessuali, già stabiliti ovviamente prima, da parte di due unità che si prenotano l’un l’altra.

La vita di D-503 e di quasi chiunque altro nello Stato Unico procede in questo modo, senza il minimo imprevisto, senza la minima privacy, senza la minima possibilità di scelta. Ma nello Stato Unico esiste ancora qualcuno che non è completamente soggiogato dal pensiero unico, ci sono ancora alcune unità, come I-330, facente parte dei Mefi, un gruppo di resistenti che vuole opporsi al Benefattore e che sconvolge a tal punto la vita e le certezze di D-503 che lui si ammala… di una malattia chiamata Anima.

Cosa succederà dopo starà a voi scoprirlo.

Noi è un romanzo che ti lascia con tante domande nella mente. Non tanto sul libro e sulla trama in sé, quanto sulla società e sulla libertà che tutti noi pensiamo di avere.

È incredibile pensare quanto questi romanzi che noi continuiamo a considerare distopici e, in un certo senso, lontani da noi, descrivano realtà sociali che si avvicinano pericolosamente a quella che è la realtà della vita di oggi. Su di noi viene esercitato un controllo di cui, probabilmente, neanche ci rendiamo conto che, certo, non è quello dello Stato Unico o quello del Grande Fratello, per chiamarlo alla maniera di Orwell – che come Huxley è stato influenzato e ispirato da Zamjatin, ma è un controllo capillare a cui difficilmente ci si può sottrarre.

Consiglio la lettura di questo romanzo che sebbene sia scritto nel passato e proiettato verso un futuro incerto, può aiutarci sicuramente a capire un po’ di più di quello che ci ritroviamo a vivere ogni giorno.

Autore: Evgenij Ivanovič Zamjatin
Titolo dell’opera: Noi
Titolo originale dell’opera: Мы
Numero di pagine: 282 (la mia edizione)
Voto: 4/5
Dove trovarlo: cartaceo, ebook

Padri e Figli – Ivan Turgenev

La letteratura russa mi piace molto. Mi capitano periodi in cui per mesi e mesi non leggo un autore russo neanche per sbaglio e altri periodi in cui sembro dimenticare che anche gli autori di altre lingue hanno scritto libri e mi sembra di non avere mai abbastanza di storie e racconti ambientati in Russia.
Questo è un periodo in cui, appunto, chissà perché, mi capita di leggere tantissimi libri di autori russi.

I miei ultimi articoli hanno riguardato Dostoevskij e Nabokov e oggi tocca a Ivan Sergeevic Turgenev e alla sua opera Padri e Figli.

Ero curiosissima di leggere questo testo e mi aspettavo di trovarci un qualcosa che, forse, non ci ho trovato o, comunque, non ci ho trovato totalmente.

Sebbene io sia una persona a cui piace la lettura e la letteratura, se ho interesse a leggere un libro, evito totalmente di leggere recensioni, trame o qualsiasi altra cosa possa avere a che fare con la storia che potrei trovare tra le pagine, perché quando comincio a sapere troppo su quel libro, comincio anche a perdere l’interesse e la curiosità che ho nel leggerlo.

La copertina dell’opera

Quando ho iniziato la lettura di Padri e Figli, pensavo che avrei trovato una storia (o alcune storie) di relazioni tra padri e figli… Magari trovando storie di relazioni positive e costruttive, accanto ad altre storie, totalmente disfunzionali e tragiche. In realtà, Padri e Figli è stato, per me, soprattutto altro.

Per carità, in questo libro troviamo raccontati anche dei rapporti che i protagonisti (Arkadij e Bazarov) hanno con i loro padri/famiglie, ma quello che io ho trovato in queste pagine è anche e soprattutto, il racconto di un’amicizia e di una fascinazione che uno dei personaggi prova per l’altro. Si trovano ideologie portate all’estremo, conflitti generazionali, innamoramenti ricambiati e non… Si trova, quindi, tutto o quasi quello che vorremmo trovare in un grande libro.

Eppure, a me è sembrato come se in questo racconto mancasse qualcosa… E la cosa peggiore è che non riesco a dire cosa è mancato per me.

Tra i due personaggi principali, il mio preferito è assolutamente Bazarov: così ben fatto che, esattamente come capita nella vita, ancora non ho capito se è una personalità che amo od odio. Sicuramente è colui che ha suscitato più interesse dentro di me, con il suo Nichilismo, con la sua bassa considerazione delle donne, salvo poi innamorarsi di una. Con il suo sentirsi migliore degli altri, ma poi ritrovarsi nelle stesse situazioni in cui si sarebbe potuto trovare un qualsiasi altro uomo.

La scrittura molto semplice e scorrevole, anche se con tanti francesismi (e qualche latinismo, anglicismo e germanismo), rendono la lettura molto piacevole e per niente faticosa.

Consiglierei la lettura di questo libro? Sì, perché è un bel libro, scritto bene. Non è il libro che vi cambierà la vita e che vi farà chiedere come avete fatto a sopravvivere tutti questi anni, senza averlo letto, ma vi farà passare delle ore piacevoli e avvincenti.

E voi lo avete letto? Fateci sapere cosa ne pensate!

Autore: Ivan Sergeevic Turgenev
Titolo dell’opera: Padri e Figli
Titolo originale dell’opera: Отцы и Дети
Numero di pagine: 222
Voto: 3,5/5
Dove trovarlo: cartaceo; ebook

Invito a una Decapitazione

Vladimir Nabokov è l’autore colpevole di aver scritto il mio romanzo preferito, ovvero Lolita (QUI la recensione di Silvia).

Per tanto tempo, dopo aver letto Lolita, non ho letto altro della produzione letteraria di Nabokov forse per paura di rimanere delusa dall’autore che era stato in grado di produrre un tale capolavoro.

Qualche tempo fa, invece, ho deciso di leggere altro e, essendo rimasta incuriosita tantissimo dal titolo, ho cominciato a leggere Invito a una Decapitazione.

Il romanzo tratta della storia di Cincinnatus, della sua detenzione e della sua condanna a morte. Cincinnatus viene portato in cella dove incontrerà dei personaggi (ricorrenti) che hanno, nella maggior parte dei casi, dei comportamenti incomprensibili e del tutto fuori luogo per la situazione e per il ruolo effettivamente ricoperto.
Cincinnatus vive la sua prigionia con rassegnazione, quasi accettazione, l’unico suo cruccio e motivo di sofferenza – oltre all’infedeltà e mancanza di amore da parte di sua moglie – è il non poter sapere, con precisione, quando sarà la data effettiva in cui verrà portato al patibolo. Quest’incertezza lo fa soffrire enormemente perché è convinto che questo non sapere sia accettabile solo per un uomo libero, ma non per chi sta aspettando la sua fine. Il giorno tanto atteso, poi, arriva, sebbene l’epilogo sarà diverso da quello che ci aspetteremmo.

La copertina dell’opera

Invito a una Decapitazione è un libro che parla, sebbene con ambientazione e personaggi diversi della dittatura bolscevica in Russia.
Lo stile e la scrittura di Nabokov sono sempre molto intensi, così come molto intensi, profondi e dolorosi sono i pensieri espressi da Cincinnatus che si ritrova solo, non tanto fisicamente, quanto emozionalmente. Circondato da persone insensibili, che non lo comprendono, non comprendono i suoi sentimenti, non comprendono la sua persona, non comprendono la situazione.
La domanda vera, forse, sarebbe “non comprendono o non gli importa?”. Durante la lettura del libro, ogni qual volta che Cincinnatus si trova in scena con altri personaggi, si viene pervasi dallo sconforto nel vedere la mancanza di tatto e di umanità nei confronti di un uomo che viene lasciato lì nel dubbio, nell’incertezza e nella solitudine più totale.

Ammetto che non è stata una lettura facile. È stato un testo (breve) che mi ha preso molti mesi per finirlo. È stata una lettura che non mi andava di fare quando, semplicemente avevo voglia di leggere, era una lettura che volevo fare quando avevo voglia di leggere esattamente questo.

Molti definiscono questo testo come “kafkiano”, sebbene Nabokov avesse dichiarato di non conoscere Kafka né la sua opera ai tempi della stesura del testo. Nabokov stesso, nella prefazione al libro, scrive: “I critici émigrés, disorientati da un libro che pure apprezzavano, credettero di cogliervi una vena <<kafkiana>> senza sapere che non conoscevo il tedesco, ignoravo del tutto la letteratura tedesca moderna, e non avevo ancora letto traduzioni, francesi o inglesi, delle opere di Kafka“.

Quasi un caso fortunato, quindi, per chi, come me, ama moltissimo la produzione letteraria kafkiana e non disegna di trovare qua e là una qualche analogia o similitudine alle opere del caro Franz.

Consiglio la lettura di questo libro, sia per la profondità di molti passaggi, sia perché Nabokov è, sì, Lolita, ma anche tanto tanto di più.

Autore: Vladimir Nabokov
Titolo dell’opera: Invito a una Decapitazione
Titolo originale dell’opera: Приглашение на казнь // Invitation to a Beheading
Numero di pagine: 222
Voto: 3/5
Dove trovarlo: cartaceo, ebook

Povera Gente, ovvero l’esordio di Dostoevskij

Quando si pensa alla letteratura russa sono tanti i nomi che ci vengono in mente: alcuni pensano a Gogol’, altri pensano a Tolstoj, altri ancora a Bulgakov, a Nabokov e così via… il nome, lo scrittore che, però, tutti conosciamo e almeno una volta nella vita abbiamo letto è Fëdor Michajlovič Dostoevskij.

Povera Gente è il primo romanzo scritto da Fëdor Dostoevskij e tratta, come intuibile dal titolo, del racconto della vita costellata di miseria e difficoltà che si trovano a vivere i protagonisti del romanzo.

Questo scritto è un qualcosa di atipico per Dostoevskij: il libro infatti è un romanzo epistolare e noi impariamo a conoscere i due personaggi (principali) attraverso i loro stessi scritti.

La copertina dell’opera

Varvara Dobroselova (detta anche Varen’ka), una giovane donna orfana e con alle spalle una sofferta giovinezza, infatti tiene una fitta corrispondenza epistolare con suo cugino di secondo grado, Makar Alekseevič Devushkin, col quale discute delle difficoltà della vita, della sua paura di affrontare il mondo e della solitudine che sente dopo la morte di sua madre. Varen’ka è un personaggio che, in parte, suscita grande pena. Ha avuto un’infanzia felice, finché non ha dovuto lasciare il suo paesino per trasferirsi a San Pietroburgo, dove è iniziata la sua sfortuna: prima ha perso il burbero padre che la accusava di tutto ciò che di sbagliato capitava nelle loro vite e poi ha perso anche la madre, rimanendo, di fatto, sola al mondo. È legata a Makar Devushkin ma non riesce a lasciarsi andare completamente perché infastidita dai modi di lui che sperpera (quasi) tutto il suo denaro per comprarle doni che lei neanche vorrebbe.

Makar Devushkin è un personaggio strano e che risulta, per me, a tratti insopportabile. Come detto è il cugino di secondo grado di Varen’ka ma, spesso durante la lettura del libro, ho percepito il suo essere quasi ossessionato da lei. Questo bisogno di ricoprirla di regali, seppur senza praticamente averne la possibilità, mi è sembrato un tentativo di controllo assoluto sulla cugina che, essendo bisognosa di tutto (non per forza materiale), cerca di tenere vicina in questo modo. Le sue lettere, poi, piene di vezzeggiativi, me lo rendono sinceramente intollerabile. Mi ha dato le stesse sensazioni che mi diede Yair, co-protagonista di un altro romanzo epistolare, ovvero Che tu sia per me il Coltello di David Grossman: libro che ho amato e che, sotto tanti punti di vista, ho anche odiato.

Leggendo le loro lettere ci rendiamo conto che a volte parlano di eventi accaduti ma di cui noi non sappiamo niente: i due protagonisti, infatti, si “incontrano” di tanto in tanto fuori dalle pagine del libro e noi percepiamo questi incontri solo da sporadiche frasi che ci fanno intendere che tra una lettera ed un’altra sono capitati degli eventi.

Varen’ka vive la sua vita di stenti e quando si viene a creare per lei una possibilità lavorativa che la porterebbe fuori da San Pietroburgo, Makar si prodiga al fine di convincerla a rimanere in città perché sarà lui a poterle dare tutto ciò di cui ha bisogno.

La povertà e la miseria delle condizioni di Varen’ka la poteranno, però, a prendere una sofferta decisione che la allontaneranno per sempre dal cugino Makar e che causeranno ulteriori enormi sofferenze nei cuori di entrambi, essendo loro legati da un profondissimo e irrealizzabile amore.

Dostoevskij mi piace sempre molto e non credo di aver mai letto nulla di suo che mi abbia in qualche modo deluso. Le sue ambientazioni, le sue descrizioni, anche in un romanzo epistolare, anche in un romanzo che dice poco (o forse niente) del Dostoevskij che passerà alla storia come uno degli autori più grandi di tutti i tempi (non solo russi), sono sempre splendide e leggendo si ha davvero la sensazione di essere lì insieme ai protagonisti dei libri, sulla Prospettiva Nevskij, al mercato dove Varen’ka acquisterà la raccolta di Puskin per il suo amico Pokrovskij e ovunque lo scrittore abbia voglia di portarci, a vivere insieme a loro tutti gli eventi che ci vengono raccontati.

Nella vita ci sono pochissime certezze: una di queste è che se prendi in mano uno scritto di Dostoevskij finirai sicuramente con l’amarlo profondamente.

Autore: Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Titolo dell’opera: Povera Gente
Titolo originale dell’opera: Бедные люди
Numero di pagine: 191
Voto: 4/5
Dove trovarlo: cartaceo, ebook

Quando è tardi per leggere i classici? La mia esperienza con Lolita

Il romanzo Lolita di Vladimir Nabokov venne pubblicato per la prima nel 1955. Dopo 31 anni nacqui io. Dopo 75 anni dalla prima uscita ho finalmente preso in mano questo capolavoro di scandalo per conoscere la storia di pedofilia più famosa del mondo.

Cosa conoscevo di Lolita prima di leggerlo

In questi 75 anni non oso pensare quante persone hanno letto Lolita, sono persino stati girati almeno due film molto famosi, che io però non ho mai visto. Ad ogni modo il vero nucleo della storia, i particolari meno noti erano riusciti a non avvicinarmisi troppo.

Quindi quando Tiziana ha visto il libro ancora incelofanato nella mia libreria e con sguardo sconvolto mi ha chiesto perché non l’avessi ancora letto e se sapessi di cosa trattasse, io ho biascicato parole senza senso: Lui è un pedofilo, Lui la rapisce, Stanno in macchina, Ho sentito da Barbie Xanax (Youtuber che parla di cinema) che viaggiano.

Ricapitolando quello che sapevo della storia di Lolita è quello che l’antonomasia del suo nome significa nella nostra società: una ragazzina molto giovane piacente, che attira gli sguardi di uomini adulti. Se lui riuscisse a sedurla, non lo sapevo, non me lo sono mai chiesta, sinceramente.

Il film che svela il finale di Lolita

Un giorno guardavo un film per svuotare la mente: The Good Guy. Commedia romantica con Alexis Bledel, Scott Porter e Bryan Greenberg. Purtroppo il personaggio di Alexis invita quello di Bryan ad un club del libro, lui è così colto che parla di Lolita con disinvoltura, rivelando, a chi non ha ancora letto il libro, il perché Humbert si trovi in carcere. Questo dettaglio ha rovinato l’atmosfera che fino ad ora avevo creato del libro.

Appena è successo l’ho chiaramente raccontato a Tiziana e lei si è arrabbiata nei confronti del film, perché non è giusto fare spoiler nei film che possono vedere tutti rovinando la lettura. Ma davvero non è giusto? Io non so, sono combattuta. Da un certo punto di vista penso che sia colpa mia che non l’ho letto prima, da un altro credo che se non avessi avuto Lolita in lettura proprio in questo momento non me ne sarei neppure accorta o avrei poi dimenticato questo particolare al momento della vera lettura.

Bisogna trattare quindi gli spoiler dei classici o classici moderni come se fossero libri appena usciti? Non ho purtroppo un’idea precisa su questo perché a me si può raccontare come un film o una seria finiscano – a patto che non sia una storia con il plot twist alla Gone Girl – per il motivo che io non guardo un prodotto visivo per la trama, ma per il prodotto in sé, guardo come quella trama venga sviluppata. Ad ogni modo gli spoiler sui libri me li eviterei molto volentieri.

La trama di Lolita

La narrazione è una lunga dissertazione di Humbert Humbert che si trova in carcere e racconta la sua storia giustificando il motivo per il quale si trovi lì. Spesso si rivolge all’ipotetico lettore e ipotetico membro della giuria per il suo processo.
Inizia a raccontare la sua storia da quando era solo un ragazzino che in vacanza in estate incontra Annabel. I due ragazzi si innamorano e prima di separarsi riescono a scambiarsi effusione che lasciano nel protagonista il ricordo delle sensazioni di lei. Purtroppo Annabel presto muore e lui vive tutte le sue relazioni da adulto paragonando la donna di turno alla ragazzina che fu Annabel. Nessuna è chiaramente all’altezza, finché, dopo essersi trasferito dalla Francia in America, dopo una separazione e periodi in ospedale per la malattia dei nervi, incontra Dolores Haze, che gli ricorda a prima vista l’amore della sua giovinezza.

Dolores, Dolly, Lolita, Lo, Carmen, questi sono i nomignoli con i quali leggiamo della protagonista femminile di questo romanzo, la quale ha 12 anni ed è la figlia della padrona di casa nella quale Humbert Humbert vive a pensione. Lolita è una ragazzina per nulla timida, sfrontata che non le manda a dire a nessuno. Il protagonista passa il tempo a cercare il modo di poter avere un contatto fisico con lei, giocandoci mimando la lotta, o semplicemente accarezzandola, per lui ogni contatto è sufficiente. A lui piacciono quelle che chiama “ninfette” e passa tutto il tempo a cercare il modo di avvicinarsi sempre di più, come una persona ossessionata dal proprio scopo.

La parte che forse è meglio leggere, per non rovinare la lettura

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La madre di Lolita, Charlotte, accortasi di una grossa simpatia da parte della figlio per il pensionante, la manda in campeggio e mentre la accompagna in macchina, lascia a casa una lettera per Humbert Humbert nella quale gli dichiara il suo amore. Lui, sebbene non interessato alla madre, decide di sposarla per poter stare a più stretto contatto possibile con la sua ninfetta preferita.
Charlotte però muore investita mentre litiga con Humbert Humbert per aver trovato dei fogli nel quale lui descrive tutto quello che avrebbe voluto fare alla piccola Dolores.Tolta la madre di scena, Humbert Humbert va a prendere Lolita al campo estivo per poi viaggiare senza meta per tutto l’anno dopo.
Nelle sue idee più avventate Lui descriveva che avrebbe solo voluto starle vicino mentre dormiva e accarezzarla. Lolita però torna ancora più audace dal campo, durante il quale ha perso la verginità con Charles, e a quanto scritto da Humbert Humbert, è lei a sedurre lui.
Da qui inizia un rapporto malato tra i due, nei quali lui non ha mai abbastanza della sua compagnia e lei chiaramente non lo sopporta più e approfitta di questo potere che esercita su di lui per farsi pagare per ogni carineria e raccogliere il necessario per scappare da lui.
I tre anni successi alla fuga di Lolita, Humbert Humbertnon si dà pace e sebbene abbia un altro interesse amoroso di 28 anni, non smette di pensare alla sua Lolita, finché non gli arriva una lettera di lei che gli chiede dei soldi per andare in Alaska con il marito e il figlio in grembo. A questo punto Humbert, scoperto dove vive ora la sua ninfetta, si presenta da lei e dopo avergli chiesto di scappare con lui, si fa rivelare chi l’ha portata via da lui.Scopre così che lei lo ha abbandonato con l’aiuto di un altro uomo, il commediografo Quilty, del quale lei si era invaghita
Finalmente con quel nome può compiere la sua vendetta, va quindi da Quilty per ucciderlo, e per questo si trova in galera.

Lo stile di Vladimir Nabokov

Con Lolita Nabokov è riuscito a fare un lavoro stilistico straordinario. Humbert Humbert è un letterato, quindi è normale che il suo resoconto trasmetta questa parte di sé. Il riassunto dei posti visitati, sebbene duri un paio di pagine, non annoia mai, ma anzi da un tono danzante alla narrazione. Sembra di trovarsi in macchina con lui e di partecipare sempre alla scena.

C’è un grosso problema etico e morale che accompagna la lettura di Lolita. Bisogna ricordarsi costantemente che Humbert Humbert, per quanto simpatico – perché è simpatico, fa spesso sorridere quello che si legge – è un pedofilo ed empatizzare con lui non si può eticamente fare. Spesso pare essere rimasto all’età adolescenziale, ma nulla può giustificare la sua attrazione per le ninfette, nulla!

Quindi durante tutto il libro bisogna ricordarsi del peccato del narratore e riuscire a discernerlo dalla scrittura meravigliosa e coinvolgente di Vladimir Nabokov, che, come ci tiene a spiegarlo nella postfazione, non ha in comune con Humbert Humbert l’interesse per le ninfette.

Autore: Vladimir Nabokov
Titolo dell’opera: Lolita
Titolo originale dell’opera: Lolita
Numero di pagine: 383
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro, ebook