Tempo fa avevo sentito parlare del libro So You’ve Been Publicly Shamed di Jon Ronson che mi ha subito affascinato. Lo scrittore intervista persone che hanno fatto una mossa falsa su internet e per questo sono state ricoperte di insulti sulla rete e sono state cancellate dalla società.

Cosa sono le Shitstorm?

La parola shitstorm è traducibile in italiano letteralmente con “tempesta di merda”. In internet si utilizza questo termine per identificare la pratica poco felice degli utenti di insultare chi, a loro parere, ha commesso un passo falso. I passi falsi possono essere:

  • la pubblicazione di un tweet o post con un’opinione molto discutibile;
  • la pubblicazione di una foto con qualcosa di offensivo per la community;
  • il repost di un meme offensivo e/o razzista;
  • la pubblicazione di stories su instagram di dubbio gusto;
  • la pubblicazione di video su youtube con opinioni o comportamenti estremamente discutibili;
  • la testimonianza di un altro utente che riporta il comportamento incoerente o sbagliato di un altro influencer.

Nel caso di una di queste pubblicazioni gli utenti della community, che in qualche modo si sono sentiti toccati e offesi da questi fatti, si scagliano contro il content creator riempiendolo di insulti che tutti assieme fanno sentire la persona in una vera e propria “tempesta di merda”.

La copertina americana

So You’ve Been Publicly Shamed – il caso del Tweet razzista di Justine Sacco

Nel saggio So You’ve Been Publicly Shamed Jon Ronson intervista persone con una vita normale che a causa di un tweet o una foto postata su un social media hanno perso il lavoro e la loro vita sociale.
Il caso più noto è quello di Justin Sacco che postò un tweet prima di prendere un volo dall’Inghilterra al Sudafrica e che arrivata a destinazione ha ricevuto migliaia di notifiche e la lettera di licenziamento del suo datore di lavoro.

Going to Africa. Hope I don’t get AIDS. Just kidding. I’m white!

I tweet die Justin Sacco del 20 dicembre 2013

Il tweet razzista significa: “Sto andando in Africa. Spero di non prendere l’AIDS. Sto scherzando. Sono bianca!”. Justine aveva solo 170 followers, ma fra quelli che ripostarono il suo tweet c’era chi tra i propri followers aveva una persona indignata con molti seguaci e da qui la popolarità della Sacco impennò.

Il tweet razzista fu preceduto da altri due commenti stereotipati verso il poco igiene dei tedeschi e i denti poco curati degli inglesi. Se volessimo scusare il parere ignorante contro l’AIDS in Africa, pensando ad un caso sfortunato, i precedenti tweets non hanno lasciato alcun dubbio a chi ha considerato Justin Sacco razzista.

Il fermento sul web fu così tanto che fu addirittura creato l’hashtag #hasjustinelandedyet (è già atterrata Justine) e ci fu anche chi l’aspettava a Cape Town per fotografarla.

Alla cancellazione del tweet non ha aiutato, perché la prima regola di internet è che uno screenshot dura per sempre.

La copertina italiana

La cancel culture

L’America è famosa per non perdonare alcun comportamento sociale ritenuto sbagliato. Nei fatti di cronaca come nelle serie vediamo ragazzi sospesi da scuola per aver sbagliato al di fuori dell’orario di scuola o persone licenziate perché hanno avuto comportamenti poco in linea con i valori della società dove lavorano, dopo aver firmato il cartellino di uscita.

Diciamo che l’America osserva, non perdona e possibilmente ti cancella.

Lo stesso trattamento è riservato a persone famose che sbagliano. Alcuni esempi sono attori ai quali viene tolta una parte alla quale lavorano da anni, influencers ai quali viene tolta una partership.

Se questo sia giusto o no, non è in questo caso in discussione, certo è in alcuni casi si potrebbe permettere un percorso di redenzione.

La soluzione per il ritorno alla normalità

Jon Ronson intervista anche una società che aiuta queste persone che hanno la vita rovinata da internet a trovare pace.

Se pensi che avere la vita rovinata da internet possa sembrare troppo forte come affermazione, devi pensare che durante un qualsiasi colloquio è norma fare una ricerca su Google per vedere chi sia la persona veramente. In realtà questa ricerca viene fatta anche in ambiti molto più innocui, come tra amici o colleghi.

Se alla ricerca di Justin Sacco compariranno solo commenti e informationi al suo tweet razzista, l’agenzia intervistata da Ronson sarà in grado di creare nuove pagine di ricerca a tuo nome e piazzarle alle prime pagine di Google, in modo da nascondere i risultati peggiori su di te nelle pagine di ricerca meno visualizzate dagli utenti. Tutto questo grazie ad un lavoro di Web Master e SEO Manager.

Quindi stai sempre attento a quello che pubblichi su internet. Pensa sempre due, tre volte prima di postare davvero qualcosa. Fermo restando che non si potrà mai accontentare tutti, io ti consiglio di non esporre mai un tuo parere su politica, religione e aspetto fisico altrui. Per tutti il resto, se non scrivi stereotipando qualcuno, dovresti essere salvo dalle shitstorm!

Autore: Jon Ronson
Titolo dell’opera: I giustizieri della rete
Titolo originale dell’opera: So You’ve Been Publicly Shamed
Numero di pagine: 321
Voto: 5/5
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