Categoria: Letteratura francese

A cosa serve leggere la prefazione? Lo straniero di Albert Camus

Questo è un romanzo molto corto, ma comunque molto pieno. Leggendo Lo straniero di Albert Camus mi sono ritrovata spesso a pensare e a riflettere sul libro e su quello che stessi leggendo. In meno di 100 pagine vengono raccontati, molto dettagliatamente alcuni giorni nella vita di Meursault.

La trama de Lo straniero

La narrazione si apre con l’arrivo del protagonista all’ospizio dove è morta la madre. Meursault si rifiuta di vederne il corpo senza vita e resta nella camera mortuaria dove viene conservata la bara in attesa del funerale senza mostrare alcuna emozione agli ospiti della casa dove la madre risiedeva. Il giorno dopo appena finisce il funerale, il ragazzo riparte per Algeri.

Meursault tornato ad Algeri prosegue la sua vita come se nulla fosse. In spiaggia incontra Maria, una sua ex collega, e iniziano una relazione. Assieme frequentano degli amici di lui, tra cui Raymond Synthès il quale è ai ferri corti con un gruppo di ragazzi arabi. Durante una vacanza al mare Meursault, Raymond e un terzo amico incontrano i rivali e se in un primo momento riescono ad evitare lo scontro, mentre il protagonista sta tornando a casa da Maria, incontra per caso il ragazzo arabo che voleva picchiare il suo amico e, a causa della luce del sole che gli disturba gli occhi, gli spara una prima volta ammazzandolo e poi altre quattro volte sul corpo ormai inerte.

Nella seconda parte Meursault viene arrestato, assistiamo al processo e infine alla condanna. Durante il processo l’accusa sottolinea spesso come lui non esprima alcun sentimento di rimorso e lui stesso annuisce ad ogni accusa che gli viene rivolta riconoscendo nelle parole pronunciate la pura verità dei fatti accaduti.

La prefazione di Roberto Saviano

Meursault sebbene viva ad Algeri è francese e quindi viene visto come privilegiato dalla società araba, sebbene lui sia un normale impiegato e non faccia parte dell’aristocrazia. Straniero nella sua stessa città e straniero in generale per il suo modo di essere, infatti lui sembra incapace di provare sentimenti comuni ad ogni altra persona. Quando la madre muore non piange, quando uccide quell’uomo si consegna impassibile alla polizia. Alle accuse non si ribella e non si difende, come se aver sparato ad un uomo fosse stata la cosa più normale che gli fosse mai successa.

Il protagonista viene descritto come apatico e impassibile. Nella figura di Meursault, Camus rappresenta l’uomo del suo tempo, come egli lo vede, perduto nella ricerca di una stabilità, senza cadere nell’immoralità. L’unica consolazione dietro questo stato è il destino comune di tutti, dal quale pare non esserci rimedio.

Questo stato di impassibilità della vita elimina anche il senso di responsabilità, e quindi si subisce tutto ciò che accade senza pensarci troppo. Per questo motivo l’uccisione del ragazzo per mano sua lascia Meursault impassibile e non prova neanche a difendersi. Lui l’ha fatto perché il sole gli ha dato una strana sensazione e da lui non si avranno altre spiegazioni.

La lettura della prefazione ha aiutato chiaramente a capire cosa Camus volesse comunicare con il suo libro, quello che non comprendo però è perché in questo testo prima del romanzo vero e proprio si descriva tutto il racconto. Non so a chi faccia piacere sapere come una storia che si andrà a leggere finisca. Ha veramente senso la prefazione? Secondo me dovrebbe solo dare un contesto nel quale lo scrittore era immerso mentre scriveva la storia, ma non è possibile che descriva in minimi dettagli anche la storia.

C’è da dare un merito agli ebook in questo caso, perché quando si inizia a leggere un romanzo sul Kindle, questo parte dalla prima pagina del testo vero e proprio, quindi se si vuole leggere la prefazione bisogna impegnarsi a trovarla.

Cosa mi ha lasciato Lo straniero di Camus

Durante la lettura ho notato che la narrazione in prima persona descriveva tutte le azioni, come se tutto fosse importante. Dopo aver letto la prefazione penso che la descrizione del tutto fosse portata dal fatto che nulla in realtà nella storia fosse importante, e quindi, di contro, tutto lo è.

Non è stato facile leggere Lo straniero, ho impiegato più tempo di quello che avrei pensato di dedicargli, e in fondo anche io come Meursault e Camus mi sono ritrovata straniera in Patria: nata a Cagliari, ma cresciuta a Genova, che ho riconosciuto da subito come luogo natio. Ritrasferita in Sardegna ad un’età troppo avanzata per poter dimenticare le origini e, come dico sempre, quando nei primi anni di vita distribuivano l’amore incondizionato per la Sardegna, io mangiavo la focaccia a Genova.

Nonostante questo background che non ha aiutato a crearsi un’identità solida ho deciso di trasferirmi a Berlino e qui la condizione di straniero è costante, senza sfumature. Sicuramente in futuro quando rileggerò Lo straniero troverò una nuova chiave di lettura, e spero di avere allora trovato la mia identità.

Autore: Albert Camus
Titolo dell’opera: Lo straniero
Titolo originale dell’opera: L’Étranger
Numero di pagine: 99
Voto: 4/5
Dove trovarlo: libro, ebook

Max, ovvero il bambino del futuro

Quando ho iniziato a leggere Max, stavo rimanendo molto delusa.

Ero delusa da lui, da Max, da questo bambino concepito senza amore, senza null’altro che forza e rabbia e mi deludeva il fatto che questo neonato, questo bambino, non sapesse far altro che odiare.

Mi sembrava assurdo dover costruire un libro su una figura prevedibile, quasi banale e dopo poche pagine, sbagliando, mi ero fatta quasi l’idea che avrei letto un libro in cui non si faceva altro che parlare di un bambino nato cattivo, per essere cattivo e che avrebbe finito solo col diventare ancora più cattivo di quello che poteva essere all’inizio.

Ero delusa, davvero! Avevo iniziato il libro piena di grandi aspettative, soprattutto perché anche Silvia ne era rimasta entusiasta quando l’aveva letto.

Ma poi qualcosa ha iniziato a cambiare e più si andava avanti con la narrazione e lentamente Max diventava Konrad, il tutto si faceva più interessante… Perché sebbene Konrad era destinato a diventare il prototipo del bambino ariano, il prototipo della razza considerata superiore all’interno del Terzo Reich, proprio mentre veniva educato a diventare il tedesco perfetto, ecco che in lui cominciano a nascere delle sensazioni e delle emozioni che lui per primo non sa spiegarsi.

Nato il 20 aprile 1936, Max è il primissimo bambino a nascere nel centro di Steinhöring, alla periferia di Monaco. Steinhöring è uno dei centri in cui si porta avanti il cosiddetto Progetto Lebensborn.

Durante gli anni bui del Terzo Reich tedesco, infatti, i capi del partito Nazionalsocialista avevano deciso che l’unico modo di mandare avanti la razza ariana, oltre a quello di sterminare le altre, era quello di creare meccanicamente e sistematicamente la razza del futuro: la modalità era quella di far accoppiare donne ariane (o che comunque avessero le caratteristiche della razza) con le SS, che ariane dovevano esserlo per forza.
Se ti interessa la storia del Progetto Lebensborn che, ci tengo a sottolineare, non è qualcosa di inventato ma di realmente e tragicamente esistito, clicca QUI.

Ma torniamo al nostro Max, che si appresta a diventare Konrad: essendo il primissimo frutto del Progetto Lebensborn ed essendo nato proprio nello stesso giorno del Führer, sarà proprio Adolf Hitler a presiedere alla sua cerimonia di Namensgebung, ovvero imposizione del nome. La versione nazista del battesimo cristiano. Il suo nuovo nome sarà Konrad von Knebersol.

Il Lebensborn prevede che i bambini fabbricati dalle Frauen e dalle SS vengano dati poi in adozione ad altre famiglie altrettanto ariane che proseguiranno nel progetto di crescere dei piccoli perfetti tedeschi. Allo stesso modo, il Progetto Lebensborn prevedeva la germanizzazione anche di bambini non tedeschi ma che avessero, comunque, le caratteristiche fisiche della razza ariana (alti, slanciati, occhi azzurri, capelli biondi, etc…). I bambini venivano rapiti, strappati via alle loro famiglie e rinchiusi in scuole/collegi che dovevano servire a cancellarne qualsiasi ricordo della famiglia, delle abitudini, della vita precedente a quella iniziata con la germanizzazione. Durante gli anni della guerra, infatti, migliaia e migliaia di bambini sono stati strappati alle loro famiglie e portati in Germania per poi essere dati in adozione a famiglie tedesche.

Copertina del libro

Max/Konrad rischia di morire da piccolissimo, quando una donna lo rapisce e lo porta con sé. La donna è vestita da prigioniera, è magrissima, spaventosa, sporca… Eppure accudisce Max, tenta di allattarlo, tenta di dargli calore e, in una delle notti in cui Max è con lei, disperso perché le infermiere del centro Steinhöring non riescono a trovarlo, la donna muore, tenendo Max tra le sue braccia.

Questo è solo uno dei traumi che lui subisce, traumi che in realtà diventano ancora più profondi perché Max/Konrad non si lascia mai andare, non si arrende mai al dolore, non si concede mai di provare sentimenti come un qualsiasi altro bambino della sua età.
Lui dimentica la parola madre, dimentica il significato di essa. Non ha una famiglia, non ha amici, non ha amore e non sa cosa possa voler dire amare o essere amati.

Diventa un vero collaboratore delle SS e, da piccolissimo inizia ad aiutarli a rapire altri bambini, per lo più polacchi che poi dovranno subire delle selezioni, per poter stabilire se sono abbastanza ariani da essere germanizzati o se dovranno essere risistemati in qualche campo di concentramento.

Quando entra in contatto con il mondo esteriore, Max/Konrad pur mantenendo le sue convinzioni sulla sua superiorità e sulla superiorità della sua razza, inizia ad avere dei dubbi, inizia a farsi delle domande, inizia ad avere dei mal di pancia che lo terranno sveglio di notte e che lui non riesce a spiegarsi, ma altro non sono se non la sua emotività che, a forza di essere repressa, deve pur manifestarsi in qualche modo. Inizierà a farsi degli amici, amici polacchi!, amici non veramente ariani e quando qualcuno di questi morirà, lui soffrirà e non saprà spiegarselo. Ma più la sua sofferenza aumenterà e più il dubbio si insinuerà nella sua mente.

La sua trasformazione, non completa, ma decisiva seppur non immediatamente effettiva, inizierà con l’incontro di Lucjan, poi ribattezzato Lukas, un ragazzo polacco che diventerà per Max diventerà nei mesi a venire una figura fraterna, con la quale instaurerà un rapporto di amore e odio, sfociato poi in un affetto fraterno mai veramente dichiarato a parole.

Non so, credo di aver parlato in modo veramente confuso di questo libro… La trama di questo vero e proprio romanzo di formazione è talmente tanto intrecciata alla storia, quella vera, che probabilmente è impossibile scindere una cosa dall’altra. È un libro molto bello, ma ancora più bello perché in realtà ti stimola a volerne sapere di più… a voler veramente capire cos’era veramente il Progetto Lebensborn, un qualcosa di aberrante ma di così recente da far accapponare ancora di più la pelle.

Per me Max è stato un romanzo sul dubbio e sulla forza del mettere in dubbio ciò che a cui si è creduto ciecamente, un romanzo che forse vuole farci capire che perfino gli odi e le menzogne più grandi e violenti possono essere sbriciolati dalla verità, se abbiamo modo di entrare in contatto con un mondo che ci sembra lontano anni luce da noi.

Autore: Sarah Cohen-Scali
Titolo dell’opera: Max
Titolo originale dell’opera: Max
Numero di pagine: 441
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro

L’Uomo Montagna

Non ricordo più come sono venuta a sapere di questa graphic novel: è stato tramite Instagram? Tramite forse YouTube? E, seppure riuscissi a ricordare dove ho visto questo libro per la prima volta, non riuscirei comunque a ricordare chi era la persona dalla quale ne ho sentito parlare per la prima volta.

Solitamente non leggo molte graphic novel perché non è un genere che mi attira molto, ma in questo caso sono stata subito attratta da questo libro. Probabilmente era uno di quei momenti in cui ti capita di venire in qualche modo a contatto con qualcosa che si rivela essere la cosa giusta al momento giusto.

L’Uomo Montagna ci introduce in una breve storia (il libro è davvero brevissimo) di un’intensità incredibile. Ci parla di un nonno che si prepara a partire per il suo ultimo viaggio ma che è impossibilitato a muoversi a causa delle montagne che gli sono cresciute sulle spalle; parla del suo nipotino che, vista l’impossibilità del nonno a muoversi, parte per il suo primo viaggio da solo. Un viaggio che lo porterà a cercare il vento più potente che può trovare, per chiedergli di aiutare suo nonno a muovere quelle pesantissime montagne che gli sono cresciute sulle spalle.

L’Uomo Montagna è una delicatissima metafora sugli ultimi anni della vita, ma anche sulle prime esperienze che ci troviamo a fare, senza neanche rendercene conto, da piccoli. Quando tutto il nostro mondo si concentra nei nostri familiari e nelle nostre radici, che sono la parte più vera di noi, la parte più intima e quella a cui cerchiamo di tornare. Perché le nostre radici sono la nostra vera eredità, sono dove abiterai. È qui che tornerai, che ti sentirai a casa. Non hai forse detto che riconosceresti queste montagne tra mille?

Autore: Séverine Gauthier; Amélie Fléchais
Titolo dell’opera: L’Uomo Montagna
Titolo originale dell’opera: L’Homme montagne
Numero di pagine: 42
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro