Categoria: Romanzo epistolare

Povera Gente, ovvero l’esordio di Dostoevskij

Quando si pensa alla letteratura russa sono tanti i nomi che ci vengono in mente: alcuni pensano a Gogol’, altri pensano a Tolstoj, altri ancora a Bulgakov, a Nabokov e così via… il nome, lo scrittore che, però, tutti conosciamo e almeno una volta nella vita abbiamo letto è Fëdor Michajlovič Dostoevskij.

Povera Gente è il primo romanzo scritto da Fëdor Dostoevskij e tratta, come intuibile dal titolo, del racconto della vita costellata di miseria e difficoltà che si trovano a vivere i protagonisti del romanzo.

Questo scritto è un qualcosa di atipico per Dostoevskij: il libro infatti è un romanzo epistolare e noi impariamo a conoscere i due personaggi (principali) attraverso i loro stessi scritti.

La copertina dell’opera

Varvara Dobroselova (detta anche Varen’ka), una giovane donna orfana e con alle spalle una sofferta giovinezza, infatti tiene una fitta corrispondenza epistolare con suo cugino di secondo grado, Makar Alekseevič Devushkin, col quale discute delle difficoltà della vita, della sua paura di affrontare il mondo e della solitudine che sente dopo la morte di sua madre. Varen’ka è un personaggio che, in parte, suscita grande pena. Ha avuto un’infanzia felice, finché non ha dovuto lasciare il suo paesino per trasferirsi a San Pietroburgo, dove è iniziata la sua sfortuna: prima ha perso il burbero padre che la accusava di tutto ciò che di sbagliato capitava nelle loro vite e poi ha perso anche la madre, rimanendo, di fatto, sola al mondo. È legata a Makar Devushkin ma non riesce a lasciarsi andare completamente perché infastidita dai modi di lui che sperpera (quasi) tutto il suo denaro per comprarle doni che lei neanche vorrebbe.

Makar Devushkin è un personaggio strano e che risulta, per me, a tratti insopportabile. Come detto è il cugino di secondo grado di Varen’ka ma, spesso durante la lettura del libro, ho percepito il suo essere quasi ossessionato da lei. Questo bisogno di ricoprirla di regali, seppur senza praticamente averne la possibilità, mi è sembrato un tentativo di controllo assoluto sulla cugina che, essendo bisognosa di tutto (non per forza materiale), cerca di tenere vicina in questo modo. Le sue lettere, poi, piene di vezzeggiativi, me lo rendono sinceramente intollerabile. Mi ha dato le stesse sensazioni che mi diede Yair, co-protagonista di un altro romanzo epistolare, ovvero Che tu sia per me il Coltello di David Grossman: libro che ho amato e che, sotto tanti punti di vista, ho anche odiato.

Leggendo le loro lettere ci rendiamo conto che a volte parlano di eventi accaduti ma di cui noi non sappiamo niente: i due protagonisti, infatti, si “incontrano” di tanto in tanto fuori dalle pagine del libro e noi percepiamo questi incontri solo da sporadiche frasi che ci fanno intendere che tra una lettera ed un’altra sono capitati degli eventi.

Varen’ka vive la sua vita di stenti e quando si viene a creare per lei una possibilità lavorativa che la porterebbe fuori da San Pietroburgo, Makar si prodiga al fine di convincerla a rimanere in città perché sarà lui a poterle dare tutto ciò di cui ha bisogno.

La povertà e la miseria delle condizioni di Varen’ka la poteranno, però, a prendere una sofferta decisione che la allontaneranno per sempre dal cugino Makar e che causeranno ulteriori enormi sofferenze nei cuori di entrambi, essendo loro legati da un profondissimo e irrealizzabile amore.

Dostoevskij mi piace sempre molto e non credo di aver mai letto nulla di suo che mi abbia in qualche modo deluso. Le sue ambientazioni, le sue descrizioni, anche in un romanzo epistolare, anche in un romanzo che dice poco (o forse niente) del Dostoevskij che passerà alla storia come uno degli autori più grandi di tutti i tempi (non solo russi), sono sempre splendide e leggendo si ha davvero la sensazione di essere lì insieme ai protagonisti dei libri, sulla Prospettiva Nevskij, al mercato dove Varen’ka acquisterà la raccolta di Puskin per il suo amico Pokrovskij e ovunque lo scrittore abbia voglia di portarci, a vivere insieme a loro tutti gli eventi che ci vengono raccontati.

Nella vita ci sono pochissime certezze: una di queste è che se prendi in mano uno scritto di Dostoevskij finirai sicuramente con l’amarlo profondamente.

Autore: Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Titolo dell’opera: Povera Gente
Titolo originale dell’opera: Бедные люди
Numero di pagine: 191
Voto: 4/5
Dove trovarlo: cartaceo, ebook

Dobbiamo Parlare di Kevin

Una mia conoscente, tanti anni fa, mi consigliò questo libro. Lei lo aveva letto da poco e, essendole rimasto molto impresso, decise di consigliarmelo perché era sicura, a ragione, che sarebbe piaciuto molto anche a me.

Dobbiamo Parlare di Kevin è quello che si definirebbe un romanzo epistolare e parla della vita, o meglio, di parte della vita della famiglia Khatchadourian/Plaskett.

Eva Khatchadourian, protagonista insieme a Kevin del nostro libro, è una donna forte, indipendente, che ama la sua carriera e non ha voglia di maternità o di famiglia, perché sa che rimanere incinta sarebbe un grande ostacolo per il suo lavoro.
Eva è innamorata di Franklin Plaskett, un uomo che, invece, ha voglia di costruire famiglia.
Eva resta incinta ed è per lei un duro colpo. Nasce Kevin, che dai suoi primissimi giorni dimostra essere un bambino particolare, dotato di una cattiveria fuori dal comune. La malvagità di Kevin, però, si manifesta solo ed esclusivamente quando lui è con sua madre. Non appena suo padre, Franklin, è presente, Kevin si trasforma: dal bambino cattivo, diabolico e spietato che conosce Eva, si trasforma in un bambino tenero, affettuoso, amabile.
Kevin è un bambino difficile, problematico, che sembra non avere interesse per niente, sembra di essere nato solo per poter provocare sua madre. Kevin ha un solo grande interesse: il tiro con l’arco.
Quando ha 9 anni, nasce sua sorella, Clelia, una bambina dolcissima, tenera, amorevole. Il suo opposto.
Clelia è una bimba che ama tutti, incondizionatamente: Eva prova finalmente cosa vuol dire essere amata da un figlio. Quando Clelia ha 6 anni, ha un incidente: perde un occhio in un incidente sospetto. A quanto pare, infatti, la bambina si versa sul viso della candeggina che però Eva è sicura di aver riposto in un luogo lontano e al sicuro e comincia a sospettare di Kevin. Il sospetto cresce così tanto che lei ne parla con Franklin che, esasperato, chiede il divorzio… Il peggio, però, deve ancora venire perché, se la colpevolzza di Kevin nell’incidente di Clelia non può essere provata, il suo coinvolgimento e colpevolezza in quello che da lì a poco succederà è sotto gli occhi di tutti e sconvolgerà, per sempre, la vita di Eva e di tutta la famiglia…

Basta così! Non voglio raccontare troppo, la trama di questo libro è avvincente, riserva tante sorprese, sebbene quasi tutte totalmente negative. È una lettura che ti cattura, che ti incolla alle pagine.

La copertina del libro

È un libro che, per certi versi, non è così semplice leggere, perché i temi trattati sono cupi, tristi, sconvolgenti. È un libro che parla di una madre che inizia ad imparare ad amare il proprio figlio nel momento in cui sembra più impossibile, proprio quando la speranza di provare un sentimento puro è quasi del tutto svanita.
Una storia che, nonostante il tema così spinoso, ho amato molto e che consiglio sempre a tutti, ogni volta che qualcuno mi chiede un consiglio letterario.

Nel 2011 è uscito anche un adattamento cinematografico del libro, con Tilda Swinton nei panni di Eva e Ezra Miller nei panni di Kevin.
Ammetto di non aver visto il film, se non pochi minuti… Tempo fa era su Netflix (almeno in Germania), ma non credo ci sia più.

E tu? Hai letto Dobbiamo Parlare di Kevin? Cosa ne pensi? O magari hai visto il film e ti basta quello?

Autore: Lionel Shriver
Titolo dell’opera: Dobbiamo parlare di Kevin
Titolo originale dell’opera: We Need to Talk About Kevin
Numero di pagine: 478
Voto: 4/5
Dove trovarlo: *si trova solo in inglese*