Categoria: Libreria di Silvia

Un’estate con la Strega dell’Ovest di Kaho Nashiki

Il racconto Un’estate con la Strega dell’Ovest descrive il rapporto tra Mai e sua nonna durante un’estate. Mai che ha 13 anni, ha trascorso vari mesi dalla nonna perché non riusciva più a frequentare la scuola per un malessere che le provocava la scuola.

Di cosa parla il racconto di Kaho Nashiki

La nonna è inglese ed è rimasta in Giappone per amore del nonno di Mai. Il Giappone è sempre stato una costante nella sua vita, quindi quando aveva annunciato ai suoi genitori che avrebbe sposato un giapponese questo non è sembrato strana.

La casa della nonna si trova in montagna e viene chiamata dai vicini “la straniera”, sebbene il suo giapponese sia perfetto.

Nel periodo in cui Mai sta da lei impara cosa sia la costanza, il prendere decisioni e portarle a termine a tutti i costi. Si sveglia la mattina alle 7,30, va verso il pollaio per raccogliere le uova per la colazione, fa i lavoretti in casa, e la nonna la premia offrendole un pezzo di terra che lei potrà coltivare come meglio crede.

Questa routine che Mai assimila grazie alla nonna viene definito “allenamento da strega”, per affinare le proprie arti da strega e in futuro saper usare l’istinto e fare magie. Per convincere Mai, la nonna le racconta di quando suo padre si trovava in Giappone. Lui cadde in mare da un’imbarcazione, la madre della nonna, a quel tempo sua promessa sposa, se ne accorse con l’istinto da strega, pur non sapendo ancora a quel tempo di esserlo, e gridò “a destra”. Il padre sentì la voce della sua fidanzata dentro di sé e nuotò esattamente in quella direzione, trovando dopo tanto nuotare un salvataggio.

La parte principale della storia è un flashback di quell’estate di due anni prima che Mai rivive nella sua testa mentre con la mamma si dirige a casa della nonna, che è morta.

Kaho Nashiki e la descrizione dei nonni

Durante quella estate Mai impara molto, ma stare a così stretto contatto non sempre è facile. Il vicino di casa della nonna, Genji, era per Mai un personaggio inquietante e per questo lei non voleva avere nulla a che fare con lui perché le dava una brutta sensazione.

A causa di uno screzio avuto con Genji, Mai e la nonna litigano e quest’ultima dà un ceffone alla nipote, che offesa si rifugia in camera sua tutto il giorno senza mangiare.

Si dice che i nonni siano quelli che più ci amano perché sanno già che il loro tempo con noi sarà molto breve, infatti di solito con i nipoti si comportano in modo molto più docile che con i propri figli, non so se sia per la stanchezza degli anni che si portano sulle spalle o forse perché in quei pochi anni che sanno che condivideranno con la seconda generazione vogliono lasciare il miglior ricordo di loro.

Io ho avuto la fortuna di conoscere tutti e quattro i miei nonni fino all’età di 15 anni e di passare con loro molto tempo durante l’estate nei primi 11 anni della mia vita. Tutti le estati le passavo in Sardegna e mi dividevo fra casa di nonna Mariolina e di nonna Ada.

Come Mai durante un’estate ho litigato con mia nonna, perché ormai troppo cresciuta per essere trattenuta da una donna un po’ stanca e forse io ero ribelle nell’incomprensione della mia età. Chiamai mio padre per farmi venire a prendere immediatamente e nonna, sebbene avessimo litigato poco prima, mi regalò 50 mila lire. Nel viaggio di ritorno mi sono sentita così in colpa per aver fatto quella scenata con mia nonna, che mi dimostrò, con quel gesto abituale, che andava tutto bene e che la mia sfuriata era stata perdonata.

Nonna Ada mi ha insegnato a saltare la corda, con lei ho ripreso la maglia e sono andata nell’orto, non spesso perché a me piaceva dormire, e all’orto si va molto presto. Dopo che è morta sono rientrata nella sua casa tempo dopo e mi è capitato di sentire il profumo della sua pelle, e come la nonna Mai che le ha lasciato questo messaggio:

DALLA STREGA DELL’OVEST ALLA STREGA DELL’EST
L’ANIMA DELLA NONNA È RIUSCITA A LIBERARSI

il nel mio cuore spero che quello sia stato il segnale di mia nonna per dirmi che lei è sempre vicino a me.

Autore: Kaho Nashiki
Titolo dell’opera: Un’estate con la Strega dell’Ovest
Titolo originale dell’opera: NISHI NO MAJO GA SHINDA – NASHIKI KAHO SAKUHINSHU
Numero di pagine: 140
Voto: 3/5
Dove trovarlo: Amazon

L’anno 1947 raccontato da Elisabeth Åsbrink

L’anno 1947 è stato un anno molto importante per la storia del nostro presente. Le scelte prese, i delitti non perseguiti, i protagonisti di quell’anno si portano uno strascico fino ad ora. È bene conoscere il proprio passato per poter affrontare meglio il proprio oggi.

Elisabeth Åsbrink racconta gli avvenimenti successi quell’anno mettendo il focus su ogni mese e su una singola città. La lettura è infatti molto scorrevole e veloce perché i paragrafi dedicati ad ogni luogo della storia sono in media molto corti; cosa che rende la lettura sempre molto piacevole.

Questo anno è importante per la Storia perché è “un’epoca in cui tutto sembrava possibile perché tutto era già successo“.

Premesse dell’anno 1947

Nonostante i nazisti avessero perso la guerra, il pensiero trova ancora terreno fertile. In Svezia si riuniscono con nuovo fermento intorno a Per Engdahl e creano un gruppo di aiuto per far fuggire i gerarchi nazisti in Argentina.

È proprio qui che si rifugia Eichmann e trova accoglienza in un gruppo di nazisti, supportati dall’allora presidente. Questi sono tra i primi negazionisti dell’Olocausto perché non credono agli orrori compiuti dagli amici tedeschi, ma proprio Eichmann, che è stato uno dei maggiori fautori della soluzione finale, conferma tutto vantandosene. A queste parole i nazisti argentini prendono quindi le distanze da lui.

In generale il mondo, sebbene ben consapevole di quello che sono stati i campi di concentramento, ha voglia di dimenticare e non punire quella Germania degli orrori. I pochi processi ai nazisti stavano terminando e non si volevano investire altri soldi per nuovi processi, ma soprattutto il terrore dell’avanzamento del Comunismo da Oriente era peggio della punizione da dare ad una Nazione che ha cercato di distruggere un intera cultura, rea solo di professare una religione.

Raphael Lemkin e la definizione di genocidio

Sebbene in America non ci fossero più fondi e la voglia di dimenticare il passato per creare un nuovo futuro era molto forte, entra in gioco in questo momento un avvocato polacco, Raphael Lemkin.

In quel periodo uccidere un gruppo di persone accomunate dalla stessa cultura e religione non era grave come ucciderne una sola, non creava lo stesso disagio nell’opinione pubblica.

In questo pensiero non ci si ritrovava Raphael Lemkin, che lasciò un ottimo impiego per perseguire la sua causa: far riconoscere questo delitto. È grazie a lui che fu coniato il termine genocidio e che fu riconosciuto dalle Nazioni Unite come uccisione fisica e biologica. Il significato che ne dava Lemkin era però molto più ampio: per lui era altrettanto grave la distruzione culturale di un gruppo ampio di persone, “il divieto di usare la propria lingua, l’assimilazione forzata e la distruzione del proprio patrimonio culturale“.

Esattamente tutto quello che hanno cercato di fare i nazisti nell’epurazione delle razze non considerate ariane. In aggiunta a questo loro hanno anche eliminato le singole persone annullandole e riclassificandole in un numero, togliendo loro l’identità con la rasatura dei capelli, cosa che non permetteva di capire subito se una persona era uomo o donna.

Il caso Palestina-Israele

La liberazione dei campi di concentramento ha creato un altissimo numero di profughi. Molti ebrei tedeschi non volevano fare ritorno in quella che prima era la propria casa, chi vorrebbe mai tornare nel luogo dal quale ti hanno espropriato? Ma soprattutto non sono ben voluti in nessun luogo.

Elisabeth Åsbrink racconta di episodi in cui gli ebrei si trovano dentro delle navi impossibilitate ad attraccare in nessun porto, perché più stati non li accettano. Questo ci ricorda forse qualcosa?

Gli ebrei richiedono quindi di poter avere un pezzo di terra da chiamare casa e dal quale nessuno potrà cacciarli. Per loro casa è dove ora si trova la Palestina, la loro vecchia dimora, dalla quale iniziò il loro esodo 5000 anni fa.

Chiaramente la Palestina in questo 5000 anni è stata occupata da un popolo che vive lì e che ha messo le proprie radici, ma per gli Stati occidentali questo non è un grosso problema: quel terreno in un modo o nell’altro dovrà ospitare anche gli Ebrei.

Si crea una commissione di Stati neutrali, o almeno considerati tale. I delegati arrivano dall’Uruguay, dal Guatemala, dal Peru, dalla Jugoslavia, dalla Cecoslovacchia, dall’Australia, dal Canada, dalla Svezia e dai Paesi Bassi.

In pochi mesi i delegati dovevano decidere come Israeliani e Palestinesi avrebbero dovuto convivere in quel lembo di terra. La soluzione che è stata votata fu la divisione in due Stati con Gerusalemme, la capitale, sotto amministrazione comune.

Chiaramente gli Stati arabi non sono d’accordo con questa soluzione. Il Gran Muftì esorta un’unione degli Stati arabi contro gli Ebrei e di offrire loro accoglienza armata. In risposta a questo gli Stati Uniti ordinano l’ingresso in Israele e da qui inizia la questione Palestina-Israele che ancora oggi non ha trovato soluzione.

George Orwell

Eric Arthur Blair, meglio conosciuto come George Orwell, nel 1947 si trovava a Jura con il figlioletto adottivo. La moglie purtroppo è morta e loro si rifugiano vicino alla sorella di lui.

Nel periodo passato in quest’isola scrive 1984 malato a letto e tiene un diario nel quale annota avvenimenti insignificanti come quante uova è riuscito a trovare nel pollaio.

Primo Levi

Primo Levi riesce a far pubblicare, con fatica, Se questo è un uomo dalla piccola casa editrice Francesco de Silva.

La pubblicazione avviene in 2500 copie l’11 ottobre 1947. Purtroppo il libro non raccoglie in consenso meritato e sparisce nel nulla. Fortunatamente dopo anni la testimonianza cruda e vera di Primo Levi viene letta ancora e trova posto nelle nostre librerie.

Per far smettere gli orrori del passato dobbiamo sempre essere informati e testimonianze come questa non dovrebbero mai passare inosservate.

Autore: Elisabeth Åsbrink
Titolo dell’opera: 1947
Titolo originale dell’opera: 1947
Numero di pagine: 314
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro, ebook.

Guida cinica alla cellulite

Nessuna donna si sente perfetta, sicuramente neppure le modelle bellissime di Victoria Secret. Tutte allo specchio vediamo i nostri difetti e il più grande è la cellulite, quei buchini sulla pelle di fianchi, cosce e sedere.

Nella ricerca continua di un rimedio a questi inestetismi compriamo creme, ci affidiamo a mani che riteniamo esperte di estetiste per farci fare massaggi e subire gli effetti di quelle strane macchine sul nostro corpo.

Cristina Fogazzi con cinismo e umorismo ci descrive senza mezzi termini che cosa è e soprattutto cosa non è la cellulite. Ad esempio i buchi che vediamo quando stringiamo il sedere, non è cellulite, bensì i tendini.

La nuova copertina

L’estetista cinica ci spiega come vivere la cellulite

Innanzitutto l’autrice del libro Cristina Fogazzi spiega cosa è il grasso. Io non sapevo che durante la giovinezza le cellule di grasso, chiamate adipociti, crescono in numero rispetto a quanto siamo dei bambini paffutelli o magri. Quindi è in giovane età che si decide il grasso corporeo che probabilmente avremo da adulti.

Quando ingrassiamo gli adipociti diventano più grandi e quando dimagriamo si riducono.

La cellulite è “una malattia del pannicolo adiposo sottocutaneo” il suo nome scientifico è Pannicolopatia Edemato Fibro Sclerotica. Un nome terribile che tutte le donne pensano di avere, ma non tutte hanno. Cristina Fogazzi in questa guida cinica ci aiuta a capire come riconoscerla e come attenuarla.

La cellulite è provocata dalla cattiva circolazione; infatti molte donne soffrono di piedi e gambe perennemente fredde, sono per questo quelle più soggette a questo inestetismo.

Non sempre quello che crediamo essere cellulite lo è davvero. Con il passare degli anni, il poco sport o a causa del dimagrimento la pelle perde tonicità creando dei buchi che potrebbero sembrare cellulite, ma in realtà non lo sono.

Ci sono quattro stadi della cellulite, in base alla gravità:

  • stadio 1: la semplice ritenzione idrica;
  • stadio 2: la buccia d’arancia;
  • stadio 3: quando la buccia d’arancia si accompagna a dei buchetti;
  • stadio 4: la cellulite senza alcun dubbio con buchi visibili e pelle flaccida.
La vecchia copertina

Quello che ho imparata dalla Guida cinica alla cellulite

Una cosa che per me è cambiata da quando ho letto questo libro tre anni fa è la camminata, infatti da allora ad ogni passo che faccio mi premuro di puntare il tallone e rollare il piede fino alla punta. Se prima dovevo pensarci, ora è un’abitudine che aiuta il sangue a sconfiggere la forza di gravità.

Ho imparato che le creme anticellulite non funzionano, perché la nostra pelle ha uno schermo che ci protegge e quindi non lascia passare neppure i prodotti che dovrebbe “sciogliere” quei brutti inestetismi. Se comunque esistono alcuni prodotti che possono aiutare hanno un costo estremamente alto, perché le creme anticellulite da profumeria o supermercato non possiedono abbastanza prodotto agente per aiutare veramente.

Ho soprattutto potuto apprezzare il fatto di non possedere le inguardabili culotte de cheval!

Autore: Cristina Fogazzi e dott. Enrico Motta
Titolo dell’opera: Guida cinica alla cellulite
Numero di pagine: 223
Voto: 4/5
Dove trovarlo: Kindle, libro.

La Marea dentro ognuno di noi

Ho iniziato la lettura di questo romanzo con molta curiosità. Ho avuto il piacere di conoscere virtualmente Severino Cirillo e mi ha subito colpito: insegna Scienza della Felicità. Come potrebbe non colpire una cosa del genere?!

Durante la masterclass dove lui era l’esperto del mese gli è stato chiesto quale dei suoi romanzi ci consigliava di leggere, o comunque da quale cominciare. Lui con gran sicurezza ha consigliato Marea dentro, però avvisandoci che è una lettura un po’ forte. Non posso fare altro che confermare.

Di cosa parla Marea dentro

Sebbene la lettura sia molto intensa, la scrittura è così piacevole ed elegante, che pure le scene più scabrose scivolano tra le pagine senza lasciare scioccati. Ogni parola scritta per quel romanzo è giusta, gli appartiene e non poteva essere tolta, come anche Cirillo tiene a sottolineare nei ringraziamenti finali.

Non sono totalmente in grado di descrivere la trama, ma mi sento di dire che l’intero romanzo è una lettera d’amore ad una ragazza meravigliosa e speciale che il protagonista ha incontrato durante una camminata, e da lì è iniziata la loro strada congiunta, camminando senza meta apparente.

Il rapporto inizia ad incrinarsi quando il ragazzo della storia inizia a percorrere un sentiero prescritto dalla società, quindi lavoro fisso, casa di proprietà e famiglia. La ragazza al contrario, della quale sappiamo solo essere finlandese, è un animo libero, vuole essere libera e non abbandonerà mai questa idea di vita.

Durante il racconto il ragazzo scrive varie volte che lui per lei riesce in imprese per le quali solitamente da solo non avrebbe la forza e sottolinea più volte la libertà di lei intrinseca nel suo vero essere. Lei è una persona che non ha paura di niente, una persona speciale, o almeno era speciale per lui.

Tutti però ad un certo punto crescono e purtroppo non si può vivere di solo amore e libertà, infatti il ragazzo, più ancorato alla vita reale, si rende conto che la ragazza inizia a soffrire di questa normalità e l’allontanamento lo porta ad una sofferenza interiore che è come una marea.

La marea dentro di lui si trasforma in depressione, quella brutta che non ti fa alzare dal letto, sebbene fuori dalla porta della camera ci sia un lavoro che aspetta. Ed è qui che incontriamo il ragazzo, a letto, che chiama la sua fidanzata, che però non risponde.

La scrittura di Severino Cirillo

Il romanzo è scritto in prima persona singolare e si rivolge alla ragazza sempre in seconda persona singolare. Anche per questo motivo mi è subito venuto da pensare ad una lettera.

Non sono predisposta a pensare che questa scelta stilistica voglia significare che è la storia di tutti. Secondo me Severino Cirillo ha avuto bisogno di questo racconto per chiudere definitivamente la storia con questa ragazza. E mettere su carta quello che abbiamo dentro aiuta a liberarci di quei demoni e questioni irrisolte che ci occupano il cervello rubando il nostro presente per ancorarci al passato. Anche se non si può dire al diretto interessato quello che vorremmo, scriverlo aiuta a toglierlo dalla testa e andare avanti serenamente sarà poi più facile.

Marea dentro è composto di capitoli molto brevi e non consecutivi temporalmente. Si concatenano infatti una linea temporale presente, passata (inventata e non) e onirica. Il ritmo è così veloce che io mi ritrovavo a credere anche ad un episodio inventato e mi sono chiesta più volte durante la lettura se davvero il protagonista fosse riuscito a raggiungere Marte.

Un indizio su come prendere questo racconto ci viene dato dal resto del libro dove si legge: Cosa faresti se avessi un’altra occasione?
La bellezza dello scrivere un racconto è anche la possibilità di posizionare se stessi su binari simili e poter modificare i trascorsi dando la possibilità di vivere un’altra vita, il famoso what if.

Questo libro lo consiglio ad occhi chiusi. Lo stile elegante e delicato di Severino Cirillo rende Marea dentro un racconto che non sarà facile da dimenticare.

Autore: Severino Cirillo
Titolo dell’opera: Marea dentro
Numero di pagine: 171
Voto: 4/5
Dove trovarlo: libro, ebook

La carne, il racconto di una violenza

Mi sono approcciata a questo libro con la convinzione che mi dovesse piacere, e che se non lo avessi apprezzato, in realtà non capisco molto. Ci sono alcuni libri o persone che ci fanno sentire così. Per quanto riguarda La carne di Emma Glass, il tema è così forte che una donna, non può non sentirsi coinvolta.

Copertina di La carne die Emma Glass
La copertina del libro di Emma Glass, La carne

La trama di La Carne

Peach è una pesca che ha subito uno stupro in un vicolo buio da parte di un uomo formato di salsicce unte, Lincoln. Tornata a casa ricuce da sola lo strappo in mezzo alle gambe causato dalla violenza, in modo che i genitori non si accorgano di nulla. Ma loro si accorgono a mala pena di Peach e del fratellino, che è una gelatina, perché presi dallo scambiarsi effusioni continue.

Green, il fidanzato albero di Peach, si rende conto che la ragazza è strana, ma lei non riesce ad aprirsi neanche con lui per raccontare quello che è successo. Dal giorno dopo si sente un bozzo sulla pancia e Green la accompagna ad acquistare il test di gravidanza, pur essendo sicuro che non ci sia pericolo di aver messo incinta Peach. Il test risulta negativo, ma la pancia della pesca cresce sempre di più.

A casa di Peach arrivano dei messaggi anonimi scritti con un collage di lettere dei titoli delle riviste. È Lincoln che le scrive quanto la ama. Lo stupratore salsiccia non si limita a questo, ma inizia a pedinare la ragazza, che lo vede appeso al lampadario fuori dalla finestra delle sua camera e davanti a alla vetrina di un bar dove si trova con Green.

Clicca qui per leggere gli spoiler sul finale

Lincoln lo stupratore, Lincoln lo stalker, Peach ci descrive anche Lincoln l’assassino, che uccide il suo amico e glielo fa trovare impiccato, a dimostrazione di cosa? Che lei è solo sua?
Non basta averla profanata e preso con la forza qualcosa che lei non voleva dargli, vuole fare terra bruciata attorno a lei. Infatti lei inizia a temere anche per la vita di Green

Ma Peach a questo non ci sta.
Decide di affrontare la paura e lo aspetta con un coltello in un vicolo buio. Gli salta addosso e mentre lei affonda la lama lui le urla che la ama. Emesso l’ultimo respiro, le salsicce di cui è composto Lincoln vengono raccolte in un sacco e portate a casa e cucinate durante un barbecue con i genitori e il fratellino di Peach, Green e altri amici.


Il libro finisce con l’espulsione del nocciolo che cresce dentro Peach, finalmente liberata del male che Lincoln le ha provocato. Se da questo nocciolo di pesca nasca un altro frutto non lo sappiamo, ma pare sia essere la liberazione della ragazza con l’uccisione di chi le ha fatto del male.



La carne merita un posto nella tua libreria?

Ho letto alcune recensioni sul libro di Emma Glass, in una veniva scritto che il tipo di scrittura usato è quasi poetico con parole cariche di suono, ma avendo letto Siddharta in tedesco, mi rendo ben conto che la scrittura di Hermann Hesse è pure poesia pur essendo prosa, non questo racconto. Una poesia moderna forse?

È stato avvicinato anche alla favola, sicuramente la protagonista de La carne che è una pesca, fidanzata con un albero, violentata da un uomo salsiccia e sorella di una gelatina, non fa pensare alla vita reale. Sicuramente in Lincoln e nelle sue parti di salsiccia si nasconde un allegoria, come nella pesca, entrambi i termini metafore degli organi genitali maschile e femminile. Allo stesso modo Green l’albero che è forte e sostegno di Peach.

Un’altra recensione più cinica ha sottolineato come si noti il fatto che questo racconto sia solo un esercizio di stile, un compito di scuola, che invece di venir ripreso dopo sette anni dall’inizio avrebbe dovuto venire cestinato. Infatti Emma Glass all’università ha studiato lettere e scrittura e iniziò già all’epoca a lavorare su La carne, che in inglese è intitolato Peach. Avendo capito che la carriera della scrittrice non sarebbe stata facile, la Glass ha ripreso a studiare infermieristica – professione che esercita – ma dopo sette anni ha ripreso in mano Peach per finirlo.

Quando il tema è più importante della resa

Come ho accennato all’inizio, è difficile non farsi coinvolgere dal tema trattato, e dire che un libro non piace in questi casi è quasi come dire che si rifiuta anche la tematica. Personalmente il fatto che la casa editrice Il Saggiatore abbia deciso di acquistare i diritti di La carne per farlo conoscere al pubblico italiano, mi ha portato a credere che il libro meritasse un posto nella mia libreria, perché mi fido della qualità dei prodotti pubblicati da questo editore.

Sicuramente i sentimenti che Peach descrive, la sua paura nel ritrovarsi di nuovo davanti Lincoln, l’orrore che prova quando scopre che lui sa dove lei vive, e la terribile persecuzione trovandosi dell’unto delle salsicce ovunque, scaturiscono in ognuno di noi empatia, e soprattutto in una donna. Ma questo non basta per farmi piacere il libro senza riserve, soprattutto perché non condivido il finale del racconto.

Per concludere, La carne di Emma Glass non mi ha convinto totalmente. Purtroppo ero più concentrata a capire cosa fossero i vari personaggi -pesca o gelatina – più che alla storia. Non metto in dubbio che sia una mia mancanza di attenzione del momento in cui ho letto il libro, al quale darò sicuramente una seconda lettura più avanti.

Autore: Emma Glass
Titolo dell’opera: La carne
Titolo originale dell’opera: Peach
Numero di pagine: 115
Voto: 2/5
Dove trovarlo: Libro, kindle

Piccolo viaggio nell’anima tedesca

Questo saggio è un piccolo tesoro per tutte le persone che studiano e amano il tedesco. Questa lingua è così ostica che per impararla veramente bisogna amarla sul serio. Famosa è la frase di Richard Porson La vita è troppo breve per imparare il tedesco“.

La si può leggere con due significati:
– il tedesco è troppo difficile per poterlo imparare in una sola vita;
– non sprecare la tua vita ad imparare una lingua come il tedesco.

Io amo il tedesco quindi per me questo libricino è un vero viaggio nell’anima tedesca perché questa lingua ha delle parole che in italiano non abbiamo e che vivendo qui e conoscendo il tedesco, quando parlo la mia lingua madre mi mancano.

Nel libro viene spiegato il significato di 15 parole che in italiano non hanno una diretta traduzione, ma possono essere tradotte con una frase. In aggiunta le autrici descrivono da dove derivano alcune di queste parole. L’esempio più lampante è Nestbeschmutzer, ossia essere che sporca il proprio nido, termine usato come appellativo di Marlene Dietrich, che durante la seconda guerra mondiale ha parteggiato per gli americani, e di Willy Brandt, che si inginocchiò nel ghetto di Varsavia per chiedere scusa per i crimini nazisti.

Weltanschauung

Weltanschauung è un termine e una concezione filosofica. Cercando nel dizionario si legge: “Concezione del mondo, della vita, e della posizione in esso occupata dall’uomo”, ma in realtà è molto di più, ha un significato per i tedeschi filosofi molto più profondo e onnicomprensivo.
Si trova nel nostro dizionario con la parola tedesca non tradotta perché il significato è così specifico che non è possibile tradurlo. Questo succede anche per altre termini, quello che mi viene in mente è Leitmotiv, motivo conduttore, utilizzato spesso in critica letteraria, e spesso pronunciato male.

Schadenfreude

Non esiste una vera e propria traduzione italiana, potremmo tradurre Schadenfreude con: gioire per le disgrazie altrui.
Sicuramente è un sentimento che chiunque nel mondo prova, ma solo i tedeschi hanno deciso di dargli un riconoscimento nel vocabolario.

Zweisamkeit

In tutti le società esiste la solitudine (Einsamkeit), in tedesco ci si può isolare in coppia, e quando succede lo si può indicare con la parola Zweisamkeit. Questa parola è infatti composta da Zwei, che significa due e da Einsamkeit, appunto solitudine.
Trovo che ci sia qualcosa di poetico nel solo concetto si isolarsi, ma di non essere solo in quell’isola, ma trovarsi lì con una persona, la quale è l’unica che si accetta nella propria solitudine.

Feierabend

Mai andare in un negozio tedesco quando si avvicina l’orario di chiusura, ossia la Feierabend. Composta dalla parola Feier, ossia festa, e Abend, che significa sera. Letteralmente sarebbe la festa della sera, quindi la gioia che si ha quando si chiude il negozio e si torna a casa dopo una giornata di lavoro.
La gioia nel ricevere e augurare il “Schönen Feierabend” quando si termina o si sta per terminare il lavoro è irripetibile in italiano. Nessuno ti dirà “Buon fine lavoro” o “Buon stacco”, noi ci limitiamo a dirci un pacato “A domani”, quasi come se la nostra vita sia solo un continuo lavoro, fine lavoro, ripresa lavoro. Invece dicendo “Buon dopo lavoro” questo presuppone che tu dopo aver faticato abbia un momento per te.

Mitläufer

Mitläufer potrebbe essere tradotto in italiano con connivente. Letteralmente significherebbe camminare assieme. Dalla Seconda Guerra Mondiale il Mitläufer è sembrato essere un personaggio tipicamente tedesco, quello che, finito il Reich, ha dichiarato di aver commesso crimini di guerra perché cos’altro avrebbero potuto fare in quell’occasione?
Stessa cosa successe durante la DDR, Repubblica Democratica Tedesca, quando molte persone “normali” divennero informatori del governo, solo per poter sopravvivere e avere una vita migliore, o almeno non subire problemi e vivere tranquilli.

Zeitgeist

Lo spirito del tempo è la migliore traduzione per Zeitgeist, questa parola è comunque un po’ difficile da descrivere. Potremmo pensare a questo spirito come ad un sentimento comune, di tutta la popolazione. La durata è di una generazione circa e in questo periodo, nel quale le generazioni si succedono velocissime, lo spirito cambia di continuo.
Se i figli di chi ha fatto la guerra guardavano i propri genitori con diffidenza, chiedendosi se non fossero stati anche loro autori dello sterminio, ora i nipoti degli allora nazisti, o presunti tali, non riescono a vedere nel sorriso del nonno gli orrori del passato.
Se non si riesce a pensare a questo personalmente, si è riusciti dopo 50 anni circa ad interiorizzarlo come colpa del popolo.

Autore: Vanna Vannuccini e Francesca Predazzi
Titolo dell’opera: Piccolo viaggio nell’anima tedesca
Numero di pagine: 135
Voto: 4/5
Dove trovarlo: libro

Flatlandia, Racconto fantastico a più dimensioni

La lettura di questo libro non è stato per niente facile, devo ammetterlo. È un misto tra un saggio e un racconto di un mondo fantastico, il mondo delle figure geometriche che studiavamo a scuola. Immagina se uno di quei quadrati dei quali dovevi misurare il perimetro e la superficie avesse avuto una famiglia, un lavoro.

Flatlandia è il nome del mondo nel quale vive il suddetto quadrato. Ha una moglie, che è una linea, dei figli, che sono dei pentagoni, e dei nipotini, degli esagoni. I militari sono dei triangoli isosceli molto appuntiti, minore è il grado dell’angolo più stretto, minore spazio c’è per il cervello della figura e a questo corrisponde un minore grado nella società. Ai vertici più alti si trova l’aristocrazia, delle figure con 3000 o 4000, se non di più, angoli che ormai non sono più distinguibili da un cerchio, per questo vengono chiamati circoli.

Ad ogni modo tutti gli abitanti della Flatlandia sono composti di righe e vivono su un piano.

La copertina di Flatlandia

La vita nella Flatlandia

Il racconto fantastico a più dimensioni si divide in due parti. Nella prima l’avvocato quadrato descrive tutto il funzionamento della Flatlandia: i suoi abitanti, la loro vita e la composizione della società.

Vivendo su un unico piano, quando la popolazione si incontra, per potersi riconoscere nelle diverse forme di appartenenza, ha necessità di tastarsi per poter contare di quanti angoli è formata la persona incontrata. Il tastarsi non è accettato dalle gerarchie più alte, che hanno imparato a riconoscersi alla vista. Sebbene tutti dal punto di vista di una figura abitante della Flatlandia sembrino una linea (che è la figura rappresentativa della donna) con un occhio allenato si può riconoscere una diversa lucidità dove si trova l’angolo più vicino e di una sfumatura ai lati della linea intravista che dipende da quanti lati è composta la persona incrociata.

La necessità di capire subito con chi si ha a che fare si esplicita nella pericolosità dei triangoli isoscele, il cui angolo più appuntito, un cuneo, può uccidere istantaneamente una qualsiasi altra figura. Questi triangoli fanno infatti parte dell’esercito della Flatlandia.

Molto pericolose sono anche le donne che, composte solo da una linea, possono uccidere qualcuno facilmente con la loro forma ad ago. Tanto più che le donne sono esseri molto pericolosi perché riescono a nascondersi senza problemi e, essendo predominate dalla passione, non hanno autocontrollo. Si sono verificati casi nella Flatlandia di donne che hanno perso la testa e in un raptus hanno ucciso tutta la loro famiglia, accorgendosi solo successivamente del loro gesto.

In questa società solo le figure regolari, ossia con tutti gli angoli delle stesse dimensioni, hanno diritto ad una vita normale, con un lavoro normale. Come gli antichi Spartani, quando in una famiglia Spartiaca nasceva un bambino con qualche malformazione veniva ucciso perché non avrebbe mai potuto combattere, nella Flatlandia chi nasce con un lato irregolare non sopravvive a lungo, perché ucciso. Gli unici che vengono lasciati in vita sono appunto i triangoli isoscele, che, se molto appuntiti, faranno parte dell’esercito perché nell’angolo più acuminato è presente il cervello, e loro hanno così poco spazio che potrebbero fare solo quello, e anzi il non possederne uno aiuta nel combattimento. Gli isoscele con un angolo più ampio diventano invece servitori e difficilmente potranno evolversi in altre figure e diventare parte delle élite maggiori.

Interessante è anche come un triangolo equilatero possa avere figli quadrati e un quadrato riesca ad innalzare la propria stirpe con un pentagono e via dicendo. Ad ogni generazione aumenta un lato se si è buoni cittadini. Le uniche che non cambiano forma sono le donne, che sono e rimarranno per sempre delle linee e considerate il sesso debole della società, ma anche quelle dalle quali bisogna stare attente.

Il viaggio nelle altre dimensioni

Il viaggio nella Linelandia

Nella seconda parte del libro il quadrato compie due viaggi. Uno nel mondo della linea, governato da un monarca e abitato da linee e punti, questi ultimi sono rappresentativi delle donne.

Gli abitanti di questo mondo non si incontrano mai, ma comunque ogni uomo ha due mogli che sposa e ingravida attraverso una canzone. Per tutta la vita vanno avanti e in dietro in un unico binario sulla stessa linea. Questo è il loro mondo, l’unico che conoscono e il monarca crede che questo sia l’unico spazio esistente.

L’arrivo del quadrato scombussola credenze del monarca della Linelandia, che infastidito da tutte le strambe domande del quadrato rivendica il suo posto nel mondo. Quando questo diventa troppo aggressivo il protagonista fa ritorno al suo piano.

Il viaggio nella Spacelandia

A scombussolare l’esistenza del quadrato è invece l’arrivo della sfera, abitante della Spacelandia, sulla Flatlandia. Questa innalza il protagonista verso l’alto mostrandogli tutto il piano che è il suo mondo, quindi l’interno delle case, ma anche l’interno delle varie figure.

La sfera gli rivela tutto questo perché è il Capodanno di un nuovo millennio e gli è permesso rivelare la presenza dei vari piani solo una volta ogni mille anni. In questo viaggio esplorativo della Flatlandia vedono il consiglio in seduta, durante il quale si scopre che i circoli sono a conoscenza della terza dimensione.

La sfera porta il quadrato anche nella vera Spacelandia e gli fa conoscere le altre figure in tre dimensioni, come il cubo che è il suo equivalente in 3D. Questa scoperta lo porta a riflettere sull’idea che se esiste una terza dimensione, forse ne esiste pure una quarta, quella del pensiero.

Se di questa dimensione immaginifica non si può essere sicuri, esistono le prove di un’ulteriore dimensione: la Pointlandia, un mondo formato da un solo punto che si crede il centro del mondo e se lo ripete in continuazione. Questo fa capire al quadrato che tutto è relativo.

Non essendo un romanzo abituale non so se consigliarlo a tutti. Ti consiglio di prendere in mano questo libro solo con la consapevolezza giusta e la voglia di immergerti in un mondo fantastico.

Autore: Edwin A. Abbott
Titolo dell’opera: Flatlandia, Racconto fantastico a più dimensioni
Titolo originale dell’opera: Flatland, A Romance of Many Dimension
Numero di pagine: 151
Voto: 3/5
Dove trovarlo: Adelphi libro, Adelphi ebook, Feltrinelli libro, Feltrinelli ebook

A cosa serve leggere la prefazione? Lo straniero di Albert Camus

Questo è un romanzo molto corto, ma comunque molto pieno. Leggendo Lo straniero di Albert Camus mi sono ritrovata spesso a pensare e a riflettere sul libro e su quello che stessi leggendo. In meno di 100 pagine vengono raccontati, molto dettagliatamente alcuni giorni nella vita di Meursault.

La trama de Lo straniero

La narrazione si apre con l’arrivo del protagonista all’ospizio dove è morta la madre. Meursault si rifiuta di vederne il corpo senza vita e resta nella camera mortuaria dove viene conservata la bara in attesa del funerale senza mostrare alcuna emozione agli ospiti della casa dove la madre risiedeva. Il giorno dopo appena finisce il funerale, il ragazzo riparte per Algeri.

Meursault tornato ad Algeri prosegue la sua vita come se nulla fosse. In spiaggia incontra Maria, una sua ex collega, e iniziano una relazione. Assieme frequentano degli amici di lui, tra cui Raymond Synthès il quale è ai ferri corti con un gruppo di ragazzi arabi. Durante una vacanza al mare Meursault, Raymond e un terzo amico incontrano i rivali e se in un primo momento riescono ad evitare lo scontro, mentre il protagonista sta tornando a casa da Maria, incontra per caso il ragazzo arabo che voleva picchiare il suo amico e, a causa della luce del sole che gli disturba gli occhi, gli spara una prima volta ammazzandolo e poi altre quattro volte sul corpo ormai inerte.

Nella seconda parte Meursault viene arrestato, assistiamo al processo e infine alla condanna. Durante il processo l’accusa sottolinea spesso come lui non esprima alcun sentimento di rimorso e lui stesso annuisce ad ogni accusa che gli viene rivolta riconoscendo nelle parole pronunciate la pura verità dei fatti accaduti.

La prefazione di Roberto Saviano

Meursault sebbene viva ad Algeri è francese e quindi viene visto come privilegiato dalla società araba, sebbene lui sia un normale impiegato e non faccia parte dell’aristocrazia. Straniero nella sua stessa città e straniero in generale per il suo modo di essere, infatti lui sembra incapace di provare sentimenti comuni ad ogni altra persona. Quando la madre muore non piange, quando uccide quell’uomo si consegna impassibile alla polizia. Alle accuse non si ribella e non si difende, come se aver sparato ad un uomo fosse stata la cosa più normale che gli fosse mai successa.

Il protagonista viene descritto come apatico e impassibile. Nella figura di Meursault, Camus rappresenta l’uomo del suo tempo, come egli lo vede, perduto nella ricerca di una stabilità, senza cadere nell’immoralità. L’unica consolazione dietro questo stato è il destino comune di tutti, dal quale pare non esserci rimedio.

Questo stato di impassibilità della vita elimina anche il senso di responsabilità, e quindi si subisce tutto ciò che accade senza pensarci troppo. Per questo motivo l’uccisione del ragazzo per mano sua lascia Meursault impassibile e non prova neanche a difendersi. Lui l’ha fatto perché il sole gli ha dato una strana sensazione e da lui non si avranno altre spiegazioni.

La lettura della prefazione ha aiutato chiaramente a capire cosa Camus volesse comunicare con il suo libro, quello che non comprendo però è perché in questo testo prima del romanzo vero e proprio si descriva tutto il racconto. Non so a chi faccia piacere sapere come una storia che si andrà a leggere finisca. Ha veramente senso la prefazione? Secondo me dovrebbe solo dare un contesto nel quale lo scrittore era immerso mentre scriveva la storia, ma non è possibile che descriva in minimi dettagli anche la storia.

C’è da dare un merito agli ebook in questo caso, perché quando si inizia a leggere un romanzo sul Kindle, questo parte dalla prima pagina del testo vero e proprio, quindi se si vuole leggere la prefazione bisogna impegnarsi a trovarla.

Cosa mi ha lasciato Lo straniero di Camus

Durante la lettura ho notato che la narrazione in prima persona descriveva tutte le azioni, come se tutto fosse importante. Dopo aver letto la prefazione penso che la descrizione del tutto fosse portata dal fatto che nulla in realtà nella storia fosse importante, e quindi, di contro, tutto lo è.

Non è stato facile leggere Lo straniero, ho impiegato più tempo di quello che avrei pensato di dedicargli, e in fondo anche io come Meursault e Camus mi sono ritrovata straniera in Patria: nata a Cagliari, ma cresciuta a Genova, che ho riconosciuto da subito come luogo natio. Ritrasferita in Sardegna ad un’età troppo avanzata per poter dimenticare le origini e, come dico sempre, quando nei primi anni di vita distribuivano l’amore incondizionato per la Sardegna, io mangiavo la focaccia a Genova.

Nonostante questo background che non ha aiutato a crearsi un’identità solida ho deciso di trasferirmi a Berlino e qui la condizione di straniero è costante, senza sfumature. Sicuramente in futuro quando rileggerò Lo straniero troverò una nuova chiave di lettura, e spero di avere allora trovato la mia identità.

Autore: Albert Camus
Titolo dell’opera: Lo straniero
Titolo originale dell’opera: L’Étranger
Numero di pagine: 99
Voto: 4/5
Dove trovarlo: libro, ebook

Ave Mary, e la Chiesa inventò la donna della Murgia

Sebbene io sia sarda, il mio rapporto con la Sardegna e con la letteratura sarda nello specifico è di diffidenza. Forse per colpa di Gavino Ledda e del suo libro Padre padrone che svela cose dei pastori che è meglio rimangano sulle montagne.

Michela Murgia è famosa per i suoi romanzi – Accabadora in primis – ma questo saggio è il primo che me l’ha fatta conoscere come autrice circa sei anni fa. Non ricordo perché lo comprai, ma il tema della Chiesa e la donna mi interessava e interessa tuttora.

La Murgia è cattolica e ha frequentato l’azione cattolica diventandone anche educatrice e animatrice e ha una laurea in Scienze religiose. Quindi una persona che la Chiesa e i suoi insegnamenti li conosce molto bene.

Come nasce Ave Mary?

Questo libro nasce come risposta alle donne che frequentano la chiesa. L’8 marzo 2009 viene invitata ad intervenire ad un convegno dal titolo Donne e Chiesa: un risarcimento possibile? nel paese di Austis assieme a due dottoresse teologhe che, a dire della Murgia stessa, hanno sicuramente più voce in capitolo di lei riguardo questi temi.

Gli interventi della sindaca Lucia Chessa, che invitò la scrittrice, e delle teologhe Marinella Perroni e Cristina Simonelli raccontarono come la Chiesa negli anni ha maltrattato la donna elencando le varie mancanze nei confronti del genere femminile e portando ad argomento esempi quale l’Inquisizione e le streghe messe al rogo.

L’intervento di Michela Murgia, a differenza di quelli precedenti, aveva un tono molto più pratico. Infatti raccontò la propria esperienza di ragazzina e donna a contatto con la Chiesa, riprendendo gli argomenti delle mancanze esposte precedentemente, che con esempi pratici, nei quali anche le donne presenti si potessero identificare.

All’incontro era presente anche il giovane prete che al termine dei quattro interventi ha voluto sottolineare come nella sua Parrocchia le donne erano tenute in conto senza mancanze alcune. A quel punto dal pubblico una donna trova il coraggio di dire: “Per pulire, Don Marco!”
Da questo momento tutte le donne, che prima ascoltavano impassibili, si sono sfogate. Ed è proprio per queste donne che Michela Murgia ha scritto Ave Mary, per farci capire che quello che viviamo tutti i giorni è un’eredità degli anni passati, difficile sicuramente da scrollarci di dosso, ma sui social la scrittrice sarda porta avanti la sua battaglia senza temere nulla, ed è un piacere seguirla!

Quello che ho imparato da Ave Mary

La Mater Dolorosa

Gesù che muore sulla croce rappresenta i patimenti dell’uomo come genere maschile e non come comunità di persone. La donna è sempre rappresentata come dolente e non viene mai rappresentata la morte femminile. Se si pensa alla morte di Maria si parla in realtà sempre di un’ascensione, non si pensa mai al suo corpo senza vita.

Non abbiamo una rappresentazione della morte delle donne, ma sempre della loro sofferenza, la Mater Dolorosa. Tutti conosciamo il passo della Genesi dove Dio punisce Adamo ed Eva: lui dovrà lavorare con sudore e lei partorire con dolore. Alla donna capita una punizione ulteriore data dal dolore fisico, mentre l’uomo se la cava solo faticando.

Da questa punizione della Genesi si sviluppa un argomento ancora interessante, che è ben radicato ancora oggi, delle donne che non hanno figli, quindi che non hanno partorito e che non avendo sofferto durante il parto si sono sottratte a questa punizione divina. Da questo punto ci si collega alla medicina e all’invenzione dell’epidurale, che toglie alla donna il dolore che Dio invece le ha riservato. Questo argomento scaturì un lungo dibattito teologico se privare la donna del dolore fisico del parto fosse giusto o meno. Come sempre un gruppo di uomini che si permette di decidere cosa una donna deve fare con il proprio corpo, sia questa credente o meno.

La fuitina

Una cosa che mi ha scioccata non poco è stato scoprire che la fuitina, conosciuta come la fuga di due innamorati, la cui unione non è accettata dalle famiglie (dei Romeo e Giulietta reali), per unirsi di legalmente e fare ritorno in paese con un legame indissolubile. Leggendo Ave Mary, Michela Murgia racconta come la fuitina non sia altro che un matrimonio riparatore di uno stupro.

Non metto in dubbio che qualcuno sia scappato per amore, ma da quanto è stato scritto in questo saggio capitava molto spesso che una donna venisse violentata e per nascondere il fatto e la vergogna che ne deriva, i due giovani venivano fatti sposare in accordo tra le due famiglie.

Questo libro è pieno di temi interessanti, ai quali non ci si sofferma abbastanza per provare a creare una propria idea perché ormai fanno parte di noi e della nostra società. Quando c’è chi mette in discussione l’ordine generale delle cose è però sempre bene leggerlo per sentire la controparte, si può comunque imparare qualcosa di nuovo.

Grazie Michela Murgia per Ave Mary, lo custodirò gelosamente e consiglierò quanto posso!

Autore: Michela Murgia
Titolo dell’opera: Ave Mary
Numero di pagine: 159
Voto: 5/5
Dove trovarlo:

Quando è tardi per leggere i classici? La mia esperienza con Lolita

Il romanzo Lolita di Vladimir Nabokov venne pubblicato per la prima nel 1955. Dopo 31 anni nacqui io. Dopo 75 anni dalla prima uscita ho finalmente preso in mano questo capolavoro di scandalo per conoscere la storia di pedofilia più famosa del mondo.

Cosa conoscevo di Lolita prima di leggerlo

In questi 75 anni non oso pensare quante persone hanno letto Lolita, sono persino stati girati almeno due film molto famosi, che io però non ho mai visto. Ad ogni modo il vero nucleo della storia, i particolari meno noti erano riusciti a non avvicinarmisi troppo.

Quindi quando Tiziana ha visto il libro ancora incelofanato nella mia libreria e con sguardo sconvolto mi ha chiesto perché non l’avessi ancora letto e se sapessi di cosa trattasse, io ho biascicato parole senza senso: Lui è un pedofilo, Lui la rapisce, Stanno in macchina, Ho sentito da Barbie Xanax (Youtuber che parla di cinema) che viaggiano.

Ricapitolando quello che sapevo della storia di Lolita è quello che l’antonomasia del suo nome significa nella nostra società: una ragazzina molto giovane piacente, che attira gli sguardi di uomini adulti. Se lui riuscisse a sedurla, non lo sapevo, non me lo sono mai chiesta, sinceramente.

Il film che svela il finale di Lolita

Un giorno guardavo un film per svuotare la mente: The Good Guy. Commedia romantica con Alexis Bledel, Scott Porter e Bryan Greenberg. Purtroppo il personaggio di Alexis invita quello di Bryan ad un club del libro, lui è così colto che parla di Lolita con disinvoltura, rivelando, a chi non ha ancora letto il libro, il perché Humbert si trovi in carcere. Questo dettaglio ha rovinato l’atmosfera che fino ad ora avevo creato del libro.

Appena è successo l’ho chiaramente raccontato a Tiziana e lei si è arrabbiata nei confronti del film, perché non è giusto fare spoiler nei film che possono vedere tutti rovinando la lettura. Ma davvero non è giusto? Io non so, sono combattuta. Da un certo punto di vista penso che sia colpa mia che non l’ho letto prima, da un altro credo che se non avessi avuto Lolita in lettura proprio in questo momento non me ne sarei neppure accorta o avrei poi dimenticato questo particolare al momento della vera lettura.

Bisogna trattare quindi gli spoiler dei classici o classici moderni come se fossero libri appena usciti? Non ho purtroppo un’idea precisa su questo perché a me si può raccontare come un film o una seria finiscano – a patto che non sia una storia con il plot twist alla Gone Girl – per il motivo che io non guardo un prodotto visivo per la trama, ma per il prodotto in sé, guardo come quella trama venga sviluppata. Ad ogni modo gli spoiler sui libri me li eviterei molto volentieri.

La trama di Lolita

La narrazione è una lunga dissertazione di Humbert Humbert che si trova in carcere e racconta la sua storia giustificando il motivo per il quale si trovi lì. Spesso si rivolge all’ipotetico lettore e ipotetico membro della giuria per il suo processo.
Inizia a raccontare la sua storia da quando era solo un ragazzino che in vacanza in estate incontra Annabel. I due ragazzi si innamorano e prima di separarsi riescono a scambiarsi effusione che lasciano nel protagonista il ricordo delle sensazioni di lei. Purtroppo Annabel presto muore e lui vive tutte le sue relazioni da adulto paragonando la donna di turno alla ragazzina che fu Annabel. Nessuna è chiaramente all’altezza, finché, dopo essersi trasferito dalla Francia in America, dopo una separazione e periodi in ospedale per la malattia dei nervi, incontra Dolores Haze, che gli ricorda a prima vista l’amore della sua giovinezza.

Dolores, Dolly, Lolita, Lo, Carmen, questi sono i nomignoli con i quali leggiamo della protagonista femminile di questo romanzo, la quale ha 12 anni ed è la figlia della padrona di casa nella quale Humbert Humbert vive a pensione. Lolita è una ragazzina per nulla timida, sfrontata che non le manda a dire a nessuno. Il protagonista passa il tempo a cercare il modo di poter avere un contatto fisico con lei, giocandoci mimando la lotta, o semplicemente accarezzandola, per lui ogni contatto è sufficiente. A lui piacciono quelle che chiama “ninfette” e passa tutto il tempo a cercare il modo di avvicinarsi sempre di più, come una persona ossessionata dal proprio scopo.

La parte che forse è meglio leggere, per non rovinare la lettura

Clicca qui per leggere il resto della storia

La madre di Lolita, Charlotte, accortasi di una grossa simpatia da parte della figlio per il pensionante, la manda in campeggio e mentre la accompagna in macchina, lascia a casa una lettera per Humbert Humbert nella quale gli dichiara il suo amore. Lui, sebbene non interessato alla madre, decide di sposarla per poter stare a più stretto contatto possibile con la sua ninfetta preferita.
Charlotte però muore investita mentre litiga con Humbert Humbert per aver trovato dei fogli nel quale lui descrive tutto quello che avrebbe voluto fare alla piccola Dolores.Tolta la madre di scena, Humbert Humbert va a prendere Lolita al campo estivo per poi viaggiare senza meta per tutto l’anno dopo.
Nelle sue idee più avventate Lui descriveva che avrebbe solo voluto starle vicino mentre dormiva e accarezzarla. Lolita però torna ancora più audace dal campo, durante il quale ha perso la verginità con Charles, e a quanto scritto da Humbert Humbert, è lei a sedurre lui.
Da qui inizia un rapporto malato tra i due, nei quali lui non ha mai abbastanza della sua compagnia e lei chiaramente non lo sopporta più e approfitta di questo potere che esercita su di lui per farsi pagare per ogni carineria e raccogliere il necessario per scappare da lui.
I tre anni successi alla fuga di Lolita, Humbert Humbertnon si dà pace e sebbene abbia un altro interesse amoroso di 28 anni, non smette di pensare alla sua Lolita, finché non gli arriva una lettera di lei che gli chiede dei soldi per andare in Alaska con il marito e il figlio in grembo. A questo punto Humbert, scoperto dove vive ora la sua ninfetta, si presenta da lei e dopo avergli chiesto di scappare con lui, si fa rivelare chi l’ha portata via da lui.Scopre così che lei lo ha abbandonato con l’aiuto di un altro uomo, il commediografo Quilty, del quale lei si era invaghita
Finalmente con quel nome può compiere la sua vendetta, va quindi da Quilty per ucciderlo, e per questo si trova in galera.

Lo stile di Vladimir Nabokov

Con Lolita Nabokov è riuscito a fare un lavoro stilistico straordinario. Humbert Humbert è un letterato, quindi è normale che il suo resoconto trasmetta questa parte di sé. Il riassunto dei posti visitati, sebbene duri un paio di pagine, non annoia mai, ma anzi da un tono danzante alla narrazione. Sembra di trovarsi in macchina con lui e di partecipare sempre alla scena.

C’è un grosso problema etico e morale che accompagna la lettura di Lolita. Bisogna ricordarsi costantemente che Humbert Humbert, per quanto simpatico – perché è simpatico, fa spesso sorridere quello che si legge – è un pedofilo ed empatizzare con lui non si può eticamente fare. Spesso pare essere rimasto all’età adolescenziale, ma nulla può giustificare la sua attrazione per le ninfette, nulla!

Quindi durante tutto il libro bisogna ricordarsi del peccato del narratore e riuscire a discernerlo dalla scrittura meravigliosa e coinvolgente di Vladimir Nabokov, che, come ci tiene a spiegarlo nella postfazione, non ha in comune con Humbert Humbert l’interesse per le ninfette.

Autore: Vladimir Nabokov
Titolo dell’opera: Lolita
Titolo originale dell’opera: Lolita
Numero di pagine: 383
Voto: 5/5
Dove trovarlo: libro, ebook