Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito parlare de Il Grande Gatsby. È uno dei titoli più di successo della letteratura americana e il 99% delle persone che lo hanno letto ne parla con toni entusiastici.

Io faccio parte del restante 1%.

Probabilmente avevo delle aspettative troppo alte, forse il libro è semplicemente troppo dispersivo, forse sono io a non averne percepito e compreso la grandezza. Fatto sta che ne sono rimasta molto delusa.

Non che sia per forza di cose di cose un brutto libro… È solo che probabilmente dopo averne sentito parlare solo ed esclusivamente bene, mi aspettavo molto ma molto di più.

La trama probabilmente è nota a tutti e credo che non ci sia bisogno di spendere più di due righe a riguardo: il libro tratta della vita o, per meglio dire, del mistero che è la vita di James Gatz, un giovane ragazzo del Nord Dakota che abbandona la casa dei genitori per crearsi una vita e una nuova identità al di fuori della povertà delle sue origini.
Sul suo passato e sulle sue origni si verranno a creare tante dicerie e tanti dubbi che verranno poi brevemente dissipati durante la lettura.
Verremo a sapere che ha vissuto alcuni mesi ad Oxford, che la sua nuova vita (con tanto di cambio nome in Jay Gatsby) è iniziata a seguito di un incontro con un proprietario di yacht di nome Dan Cody che verrà ricordato da Gatsby come il suo più caro amico, scopriremo che è da anni innamorato di una donna di nome Daisy e capiremo, leggendo delle sue feste, di quanto in realtà sia solo e afflitto dalla solitudine.

La copertina dell’opera

Il tema della solidutine, infatti, è stato per me il tema centrale dell’opera.
Gatsby si circonda sempre di tantissime persone, molte delle quali a lui addirittura sconosciute o che comunque ignorano chi sia lui… Ogni sera organizza una festa nella sua villa, quasi per evitare di dover far fronte alla sua solitudine.
La solitudine di Gatsby, però, a me è apparsa veramente chiara solo nell’ultimo capito del libro, soprattutto a seguito di un determinato evento e alla promessa fatta da Nick Carraway – che è il personaggio che fa da narratore alla storia – a Gatsby che gli dice, testualmente, “Ti farò venire qualcuno, Gatsby. Non preoccuparti. Fidati di me e ti farò venire qualcuno“, come a voler sottolineare che Carraway ha finalmente capito che il dolore più grande di Gatsby era stato quello causatogli dalla solitudine e che, forse, in un certo senso, il suo crearsi questa nuova vita e questo nuovo personaggio erano anche un modo di proteggersi dal mondo esterno che sembrava averlo privato di tutto, anche del grande amore della vita.

Credo che se avessi letto questo libro senza averne mai sentito parlare prima, probabilmente mi sarebbe piaciuto di più. Forse le aspettative erano troppo altre, forse c’era una sorta di inconscio timore reverenziale che mi aveva tenuta lontana da questo libro che si è rilevato, però, infondato.

A differenza di tanti altri libri che non mi sono piaciuti e che non consiglierei, probabilmente non riuscirei a dire a qualcuno di non leggere Il Grande Gatsby, perché probabilmente è un testo che va letto con meno pregiudizi e più leggerezza… e forse è un libro che, semplicemente, va riletto.

Con dispiacere e stupore, ammetto che, per me, Il Grande Gatsby è stato un po’ una delusione. Tu, invece, cosa ne pensi?

Autore: Francis Scott Fitzgerald
Titolo dell’opera: Il Grande Gatsby
Titolo originale dell’opera: The Great Gatsby
Numero di pagine: 160
Voto: 2,5/5
Dove trovarlo: cartaceo, ebook

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