Categoria: Memoir

L’esile filo della memoria, ovvero il ritorno a casa delle prigioniere di Ravensbrück

Voglio iniziare questa recensione ammettendo subito la mia ignoranza: non conoscevo assolutamente l’autrice, non sapevo dell’esistenza di questo libro, né della sua storia. Il che è strano, in un certo sento, perché il tema di cui andremo a parlare questa volta, è un tema che mi sta molto a cuore ed è un tema sul quale cerco di essere il più informata possibile e di cui cerco di leggere quanto più mi capita.

Forse è anche il motivo per cui, non appena ho sentito parlare di questo testo, ho voluto leggerlo.

L’esile filo della memoria. Ravensbrück, 1945: un drammatico ritorno alla libertà è il racconto di una prigionia, è il racconto di una liberazione, è il racconto di quanto sia difficile essere presi sul serio anche davanti alle tragedie più grandi, quanto sia difficile vedere considerato il proprio dolore.

Lidia Beccaria Rolfi è una giovanissima donna di Mondovì, provincia di Cuneo, che ad appena 18 anni entrò a far parte della Resistenza, come Staffetta Partigiana e, a causa di questo, nell’aprile del 1944, ad appena 19 anni, venne arrestata e deportata nel Lager femminile di Ravensbrück.

Copertina dell’opera

Qui inizia la sua prigionia, fatta di privazioni, di fame, di paure, di orrori, di maltrattamenti e quanto più di brutto possa venirci in mente.

Resta prigioniera nel campo di Ravensbrück per più di un anno fino alla liberazione del campo, dove si era ritrovata a fare i lavori più disparati e si era ritrovata, da un certo punto in poi, anche a lavorare per la Siemens.

Il testo non si concentra tanto sui trascorsi nel campo, i cui racconti fanno sempre e comunque capolino durante tutta la lettura – ovviamente -, quanto su quanto successo dal momento della liberazione, dalla marcia di evacuazione organizzata dalle SS, dal trovare sul suo cammino un soldato italiano che sentendo la sua lingua si era subito interessato a quelle sue compatriote. Il testo racconta del suo ritrovarsi in altri Lager, questa volta da donna libera, in attesa di essere rimpatriata in Italia, di quanto la prigionia, l’esperienza di prigionia delle donne e delle donne prigioniere politiche, non fosse considerata alla pari di quella degli altri e, soprattutto, quella degli uomini.

Lidia Beccaria ci racconta del suo ritorno in Italia, dove sperava di essere accolta con calore, sperava di essere accolta da persone che volessero ascoltare la sua storia, partecipare al suo dolore per aver subito tanto male e alla sua felicità di essere tornata… ma si trova davanti come un muro, un muro di persone che quasi negano quello che le è successo, persone che non hanno neanche interesse ad ascoltare la sua storia.

Non tutti reagiscono in questo modo, nel suo racconto Lidia Beccaria ce lo sottolinea, ma la maggior parte delle persone semplicemente sembra non avere tempo né intenzione di ascoltare ciò che ha da raccontare e, le poche volte che lo fa, semplicemente non credono a ciò che sentono.

Lidia Beccaria, però, è una donna dalla grande forza, forse molto più grande di quello che potremo mai comprendere, e riprende immediatamente in mano la sua vita e, grazie ad un concorso riservato agli ex deportati – comunque oltraggiata dagli ex fascisti che erano rimasti al potere semplicemente cambiando bandiera ma non ideali –  ricomincia ad insegnare e a lottare contro ogni forma di Negazionismo di quello che è accaduto.

La seconda parte del libro, invece, riporta alcuni degli scritti e dei disegni presenti nei diari che Lidia Beccaria, tra mille peripezie, era riuscita a tenere durante la sua prigionia. Fa molto effetto leggere quelle righe e vedere quei disegni, fatti per non dimenticare casa… È incredibile e molto intenso a livello emotivo fermarsi ad immaginare (non riuscendoci) cosa volesse dire tenere un diario in quelle circostanze, cosa si rischiava, quale livello di disperazione si poteva provare nello stare lì.

L’Esile Filo della Memoria è un interessantissimo documento che prova a farci comprendere che la sofferenza non finiva lasciando il campo, i maltrattamenti non finivano con la liberazione, la lotta per affermare i propri diritti e la propria libertà non terminava tornando a casa, ma si trasformava e, in un certo senso, diventava altrettanto incredibile e dolorosa.

Autore: Lidia Beccaria Rolfi
Titolo dell’opera: L’Esile Filo della Memoria: Ravensbrück 1945
Titolo originale dell’opera: come sopra
Numero di pagine: 233 (per il formato Kindle)
Voto: 3/5
Dove trovarlo:

Becoming, la storia di Michelle Obama

In questo 2020 dominato, comprensibilmente, dalle notizie sul Covid-19, nelle ultime settimane un altro argomento ha, soprattutto per alcuni giorni, cercato di farla da padrone.

Le votazioni e conseguenti elezioni del quarantaseiesimo Presidente degli Stati Uniti d’America. Come tutti sappiamo, la partita si è giocata tra il candidato del Partito Repubblicano Donald Trump e quello del Partito Democratico Joe Biden (già ex Vicepresidente della presidenza Obama).

La politica è da sempre un argomento che mi interessa molto. Non sono una massima esperta, certo, ma cerco di tenermi informata, cercando di non rimanere all’oscuro di ciò che succede nel mondo. Questa elezione, poi, ha assunto non solo per me, ma per tutti noi, un’importanza elevatissima… E a chi dice che le elezioni in USA siano qualcosa che non ci tocca, beh, direi di pensarci meglio e rendersi conto che tutto ciò che avviene (o non avviene) negli USA ha un impatto totale su tutto il resto del mondo.

Bene, presa dalle notizie e dallo sconforto iniziale di una possibile rielezione di Donald Trump, mi sono resa conto di sentire la mancanza (!) dei modi e della civiltà di una delle first family più amate della storia americana: gli Obama. E mi è tornato in mente il fatto che già da un po’ avessi intenzione di leggere la biografia di Michelle Obama, Becoming, La mia Storia.

La copertina del libro

Quest’autobiografia parte da lontano, dal South Side di Chicago, dove il 17 gennaio 1964 nasce Michelle, figlia di genitori della classe operaia, Fraser e Marian Robinson, e sorella minore di Craig.

Michelle ci parla della sua infanzia, del suo essere una bambina impertinente, che non le manda a dire, e di grandi ambizioni, seppur costantemente dubbiosa di essere a tal punto brava da meritare più degli altri e sempre convinta di non doversi mai concedere nulla per paura di perdere il suo obiettivo. Ci parla delle sue scuole, di quanto le differenze razziali fossero reali e pesanti, di quante volte sia durante i suoi studi (Michelle Obama è laureata a Princeton e successivamente specializzata alla Harvard Law School – due tra gli istituti più prestigiosi del mondo) che durante il suo lavoro, si sia trovata ad essere l’unica donna, e l’unica persona afroamericana in una stanza gremita di uomini bianchi.

Veniamo a sapere di quando, mentre lei lavorava per la società Sidley Austin, incontra un giovane e promettentissimo avvocato da tutti considerato un fenomeno e che aveva un nome stranissimo, un certo Barack Obama. Di come lei all’inizio non avesse alcuna intenzione di legarsi sentimentalmente a qualcuno perché intenzionata prima di tutto a realizzarsi professionalmente, per poi trovarsi travolta dai sentimenti per questo ragazzo dalla grande mente e dai modi gentili. Leggiamo della loro voglia di diventare genitori, ma delle difficoltà a rimanere incinta, tanto da spingere la coppia a tentare, poi con successo, la fecondazione in vitro.

Vorrei soffermarmi su questo episodio che nel libro viene raccontato con tutta la semplicità di questo mondo per sottolineare, davvero, la caratura e l’importanza di questo libro. Una first lady (non importa che il memoir sia stato pubblicato dopo la fine del doppio mandato Obama) che si apre al mondo raccontando della sua esperienza con la fecondazione assistita, grazie alla quale è riuscita a diventare madre due volte, ha secondo me un’importanza incredibile e spezza un tabù che molte donne (e uomini) si trovano a dover affrontare e per il quale, spesso, provano un’ingiusta vergogna.

Malia Obama, Sasha Obama, Barack Obama e Michelle Obama
(Photo by Theo Wargo/WireImage)

Michelle fa un racconto intimo e aperto in merito alla sua vita, al suo matrimonio, alle difficoltà di dover far fronte agli impegni di una madre in carriera, che sente fortemente la vocazione materna ma allo stesso modo sente il bisogno di affermarsi lavorativamente e di quanto sia difficile doversi fare carico di tutto, avendo un marito così impegnato e, di conseguenza spesso assente. Ci dice di quanto odiasse la politica perché toglieva così tanto tempo alla sua vita di coppia e di quanto fosse in disaccordo col marito quando egli le palesò l’intenzione di candidarsi alla Presidenza degli Stati Uniti. L’accordo era “se vinci, bene, se perdi, chiudi definitivamente con la politica”. Il resto è storia.

È stato molto interessante leggere della vita della first family, avendo accesso all’interno di essa. È stato interessante anche vedere come le cose più semplici, cose alle quali noi comuni mortali non faremmo neanche caso, possano diventare difficili se non impossibili. Come anche uscire sul balcone a bere una bibita fresca ha bisogno di organizzazione e non può essere fatto a cuor leggero.

Ho sempre ammirato gli Obama. Dopo aver letto questo libro forse li ammiro un po’ di più, perché mi ha aiutato a rendermi conto ancora di più degli oneri (e non solo degli onori) di un incarico così importante e difficile e fa capire, ancora una volta, che con l’impegno, il duro lavoro e la costanza, nessun traguardo è impossibile.

In un mondo profondamente razzista e misogino, due persone afroamericane provenienti da famiglie modeste, sono arrivati in cima al mondo, solo grazie alle loro capacità, alla loro costanza, al loro impegno. La presidenza degli Obama ha significato tantissimo, sotto una moltitudine di punti di vista. Michelle ce lo ricorda e ricorda ad ognuno di noi (soprattutto alle donne e alle minoranze) che noi e solo noi siamo fautori del nostro destino.

Leggete la storia di Michelle Robinson, poi diventata Obama, sarà illuminante.

Autore: Michelle Obama
Titolo dell’opera: Becoming. La mia Storia.
Titolo originale dell’opera: Becoming
Numero di pagine: 528
Voto: 5/5
Dove trovarlo: cartaceo, e-book, documentario Netflix