Come ben sappiamo, nella recente storia tedesca è presente una macchia indelebile dovuta ad una grande colpa di cui il popolo tedesco del primo Novecento si è macchiato in modo orrendo.

La Seconda Guerra Mondiale ha portato alla luce una Germania pervasa dall’odio, dall’antisemitismo e dalla cattiveria più pura e insensata che si ricordi. È vero, prima e dopo del genocidio nazista di cui ci si è macchiati (soprattutto) in Germania ci sono stati altri genocidi, altre persecuzioni, altre morti inspiegabili ed ingiustificabili. Ciò che rende, però, l’Olocausto così diverso e così terribile è la sistematicità con cui la morte veniva inflitta. Tutto quello che avveniva negli innumerevoli campi di concentramento e sterminio era frutto di calcolo, di decisioni prese a mente fredda, di statistiche. Niente era lasciato al caso. L’unica cosa lasciata al caso era la persona da eliminare: una valeva l’altra, finché si raggiungeva il numero di vittime prefissato per la giornata, poco importava chi effettivamente sarebbe morto.

Delle vittime sappiamo poco, pochissimo. Quasi niente è rimasto di loro: forse un nome, una data di nascita e una di arrivo presso uno dei campi… tante volte non sappiamo neanche l’effettiva data di morte. Della vita nei campi sappiamo, per fortuna, grazie alle testimonianze dei pochi sopravvissuti che col passare del tempo diventano anche sempre meno.

Ma perché questo discorso? Questo discorso perché oggi vorrei parlarvi di un libro, di un diario di una delle tante, troppe vittime di questa tragedia dell’essere umano. Il libro in questione è Auch wenn ich hoffe ed è il diario di un ragazzo di nome Mosche Flinker, nato a L’Aia il 9 ottobre 1926 e morto nel 1945 a Bergen Belsen.

La copertina del libro

La vita di Mosche era una vita come quella di tanti ragazzi dell’epoca ma non appena furono promulgate le leggi razziali, la sua esistenza mutò totalmente e Mosche, insieme alla sua famiglia, scappò dall’Olanda per rifugiarsi a Bruxelles, iniziando a nascondere la sua identità e non poté più condurre una vita normale.

Il suo diario, come quello più famoso di Anna Frank, ci descrive la vita che si trovano a dover affrontare persone del tutto normali che si ritrovano in una situazione completamente aberrante e insopportabile. A differenza del diario di Anna, però, dal diario di Mosche si evince tutta la sua rabbia verso i suoi aguzzini e tutto l’amore, sebbene messo a dura prova dalla tragicità degli eventi. Molto spesso, infatti, l’autore si interroga sul ruolo di Dio e sul senso della sofferenza che il Suo popolo si trova a dover affrontare.

Il diario va dal giorno 24 novembre 1942 (riportato anche con la data ebraica, 15 Kislev 5703) fino al 3 settembre 1943 (3 Elul 5703). Nel maggio del 1944 furono traditi, da un ebreo, che li denunciò alla Gestapo, condannandoli praticamente alla morte.

Dalle informazioni trovate online, sembra che sua madre sia stata mandata immediatamente alle camere a gas, un fratello morì ad Auschwitz, Mosche e il padre morirono di tifo a Bergen Belsen, mentre l’altro fratello e le sue sorelle scamparono miracolosamente alla morte ed emigrarono poi in Israele. Finita la guerra, infatti, furono proprio loro a ritrovare il diario nel piccolo appartamento di Bruxelles dove si era rifugiata la famiglia durante gli anni della persecuzione.

È un testo che consiglio di leggere, se avete voglia di approfondire il tema e se siete curiosi di leggere anche altre testimonianze, forse meno note, ma non per questo meno importanti di quella di Anna Frank.
Io ho letto il libro in tedesco, quasi per caso, e altrettanto per caso ho scoperto che la traduzione in italiano è pessima e dovrebbe addirittura contenere delle censure, rendendo la lingua del libro in un certo senso meno “violenta” (sempre che “violenta” sia la parola corretta).

Nell’epoca che stiamo vivendo è più importante che mai leggere ed informarsi a riguardo del male che è già esistito e che già è stato perpetrato. Solo la conoscenza di ciò che è stato e potrebbe di nuovo essere può spingerci a lottare per un mondo più giusto e per un mondo di pace. Perché non succeda mai più ciò che già è successo, per far sì che le vite di Mosche, di Anna, di tantissimi, troppi, altri, non siano finite invano.

Autore: Mosche Fliker
Titolo dell’opera: >> Auch wenn ich hoffe << Das Tagebuch des Mosche Flinker
Titolo originale dell’opera: Jomano sjel Mosjé Flinker
Numero di pagine: 167
Voto: 4/5
Dove trovarlo: cartaceo, ebook

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